Francesco Boccia ha fatto ritorno in Calabria. È la prima volta dai tempi in cui era commissario della Federazione provinciale di Cosenza del Partito Democratico. Strinse le alleanze che portarono all’elezione di Franz Caruso, favorì la nomina di Maria Pia Funaro (la seconda più votata dell’intera coalizione di centrosinistra) come vicesindaco e indicò l’attuale presidente Maria Locanto quale figura di sua fiducia nella struttura locale del partito.

Nella permanenza all’ombra della Sila toccò con mano le difficoltà oggettive nello scardinare lo status quo delle cose: impresa rivelatasi impossibile più che ardua, tanto che la fase congressuale che concluse l’esperienza commissariale fu turbolenta. Oggi è il capogruppo del Pd al Senato, responsabile degli enti locali dei democrat e figura di riferimento della segretaria Schlein. La vittoria al congresso nazionale - dicono gli insider - porta soprattutto la sua firma. Nel pomeriggio ha partecipato ad un convegno, organizzato da aree cattoliche e non griffato Pd, sui rischi dell’Autonomia differenziata al sud. Interverrà insieme Monsignor Francesco Savino, al segretario provinciale della Cgil Cosenza Massimiliano Ianni, al vicepresidente dell’Azione Cattolica Biagio Politano e alla docente Unical Donatella Loprieno.

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Senatore Boccia, non c’è giorno che le correnti ostili a Schlein provino a logorare la segretaria. Reggerà il giudizio della base rispetto a l’orientamento dei circoli?
«Non c'è nessun logoramento, ma piuttosto del tentativo di qualcuno di guardare al futuro del PD con le logiche del passato. Non è più così, abbiamo una segretaria, donna, di 38 anni, che ha vinto le primarie con un programma chiaro, progressista, con l’ambizione di fari diventare il PD il magnete di movimenti, reti civiche e altri partiti che si ritrovano nei valori di centrosinistra. Cedere continuamente alle provocazioni di chi vuol farci apparire divisi senza mai soffermarci, come ha detto Elly, parafrasando la canzone di Silvestri, sulle 4850 cose che abbiamo in comune, fa solo il gioco della destra. Il PD è un partito plurale, è da sempre la nostra forza, ci sono tanti luoghi e occasioni di confronto; su temi complessi è naturale che ci possano essere sensibilità differenti che la Segretaria sa bene come gestire, perché è ben consapevole del mandato politico che ha ricevuto. Ma la pluralità non significa caos ed è compatibile con una forte identità».

Lei, che proviene da posizioni moderate, oggi è uno dei fedelissimi di Schlein. Non può negare che il partito assuma sì un’identità, ma marcatamente progressista. I sondaggi sono incoraggianti, ma le elezioni si continuano a perdere. Dove troverete la forza di cimentarvi in un progetto a lunga gittata?
«La narrazione che è stata fatta sulle ultime amministrative è fuori luogo. Mi permetto di dirlo perché avendo gestito le elezioni amministrative e regionali del 2021 e del 2022 vinte dal PD e dal centrosinistra, come anche nel caso di Cosenza e Catanzaro, penso di poter fare un’analisi puntuale. Sì, abbiamo perso in termini assoluti ma abbiamo vinto in città come Vicenza e Brescia, siamo stati il primo partito in quasi tutte le città al voto, abbiamo eletto un numero di consiglieri comunali molto più alto della Lega che, stando al governo, è passata da 107 a 37 consiglieri e di altre forze, come Terzo Polo o M5S, che ne hanno eletti 5 in tutto. Noi siamo passati da 93 a 89. Poi si sa, da soli non bastiamo e per vincere ci vogliono le coalizioni. La destra ce l’ha, il centrosinistra no. Quindi, va bene un’analisi del voto ma senza alimentare psicodrammi collettivi. Adesso abbiamo davanti a noi un’estate militante, come l’ha definita la Segretaria, per portare in piazza, per strada, nei circoli i nostri temi dal PNRR che il governo sta stravolgendo perché vuole ridurre le risorse su sanità, scuola e trasporti, all’autonomia differenziata che nasconde l’idea malsana di Calderoli e della Lega di spaccare il Paese in due. Abbiamo un lungo cammino che ci porterà fino alle prossime elezioni europee in cui il PD si candida ad essere il primo partito in Italia e in Europa: quello sarà il vero banco di prova».

Lei è sempre stato uno dei fautori dell’alleanza con il M5S. Ci sono però posizioni, come quella sull’Ucraina, inconciliabili. Come si superano le reticenze interne ad un percorso comune che sembra già nel futuro di entrambi gli schieramenti?
«Entrambi vogliamo la pace in Ucraina, questo credo che sia un aspetto non da poco. Ricordiamoci sempre che in quella guerra c’è un aggressore e un aggredito e noi non possiamo che stare dalla parte del popolo ucraino, non abbiamo mai avuto tentennamenti e lo dimostrano gli atti parlamentari che abbiamo sempre votato. Detto questo, però, siamo il PD, il più grande partito del centrosinistra italiano e non ci fermeremo mai nel chiedere alla diplomazia europea di perseguire in ogni modo una pace giusta. Con il M5S ci ritroviamo su molti altri fronti: sulla lotta alla precarietà, sul salario minimo, sulla difesa della scuola e della sanità pubblica, sulla necessità di fermare questo disegno scellerato di autonomia le nostre piazze coincidono con le loro e viceversa. E porteremo queste battaglie in Parlamento, lo abbiamo già fatto con una mozione sottoscritta da PD, 5S e Avs sul PNRR, ottenuto dal governo giallorosso per chi lo avesse dimenticato, e per ribadire il NO all’utilizzo di quelle risorse, ottenute per ridurre le diseguaglianze acuite dalla pandemia, per la produzione di armi. Il lavoro da fare è tanto ma i punti che ci accomunano con alcune delle altre opposizioni, a partire proprio dal M5S, ci permetteranno di incalzare il governo con maggiore forza. Come ha dimostrato il voto di ieri al Senato con il governo sotto su un passaggio sul pessimo DL del 1° maggio».

Qual è la sua posizione e quella del partito sulla Riforma della Giustizia firmata da Nordio?
«Sulla riforma della giustizia da parte del governo c’è il tentativo, in questi giorni, di utilizzare anche la morte di Silvio Berlusconi per recuperare alcune bandierine del passato e farle passare come riforme innovative. Noi siamo molto critici su questa riforma, a partire dalla cancellazione dell’abuso d’ufficio per i sindaci; ci siamo detti sempre disponibili ad una riforma, all’interno di binari chiari, chiesta a gran voce anche dai sindaci di centrosinistra, ma che è una cosa ben diversa da un’abrogazione in toto semplicemente perché aprirebbe un conflitto con la direttiva europea su cui stanno lavorando a Bruxelles e si rischierebbe di incorrere in altre fattispecie di reato, come la corruzione. Come sempre, il governo non ha voluto ascoltare nessuno, accusando addirittura di interferenze l’Anm, ci auguriamo che ci sia la possibilità di un confronto in Parlamento senza strozzare il dibattito». 

È tornato in Calabria per un convegno sull’Autonomia differenziata. Lei è meridionale, un uomo del sud: ha la percezione che la popolazione non sia ancora abbastanza consapevole di cosa implichi ddl Calderoli?
«Serve una grande mobilitazione per aumentare la consapevolezza collettiva. Penso, però, che i cittadini, soprattutto quelli del sud, delle aree interne e delle aree di montagna, siano ben consapevoli dei disastri che provocherebbe l’autonomia differenziata proposta da Calderoli, perché andrebbe ad acuire ancora di più le diseguaglianze che vivono, ogni giorno, sulla propria pelle sulla scuola, sulla sanità, sui trasporti, sull’assistenza a bambini e anziani. L’autonomia differenziata voluta dalla Lega sarebbe una sciagura per il Paese. Anche per questo, la Segretaria nella Direzione di lunedì ha annunciato due giorni di mobilitazione, una grande iniziativa con i nostri amministratori il 14 e 15 luglio per ribadire la nostra contrarietà all'Autonomia differenziata, per informare e promuovere discussioni nei consigli regionali, comunali e provinciali in modo tale che tutti possano prendersi le proprie responsabilità alla luce del sole, a partire dai Presidenti di Regione del Sud che prestano il fianco ad una riforma che condannerebbe il Mezzogiorno». 

È stato commissario della Federazione provinciale del Pd di Cosenza. Usando terminologie care a Schlein, anche lei parlava di cacicchi in seno al partito. I big di un tempo sono ancora tutti lì…
«Il partito è cambiato e questo è incontrovertibile, a partire dalla leadership regionale rappresentata da Nicola Irto e da una generazione di nuovi segretari e presidenti di partito delle federazioni. Così come è evidente con la nuova segreteria regionale e i componenti della direzione nazionale. Elly Schlein non ha mai parlato di rottamazione. Provare a rinnovare il partito, aprire le porte dei nostri circoli a movimenti, associazioni, simpatizzanti non vuole dire prendere in blocco una classe dirigente e liquidarla. C’è molto fermento intorno al PD, cosa impensabile fino a qualche mese fa; da quando si è insediata il numero di iscritti al PD continua ad aumentare di giorno in giorno, le segreterie locali che si vanno via via rinnovando hanno al loro interno donne e uomini che provengono da mondi ed esperienze diverse. Il rinnovamento è e sarà fisiologico. Sta avvenendo in ogni parte d’Italia, succederà anche in Calabria. Diamole tempo, neanche Roma è stata costruita in un giorno».

Il segretario regionale Irto sta ricoprendo un ruolo importante all’interno del Partito Democratico nazionale nonostante avesse spinto un po’ tutto l’apparato calabrese a schierarsi con Bonaccini. Bravo lui a posizionarsi o generosa Schlein?
«Nicola Irto sta facendo un ottimo lavoro nel PD di Calabria così come in Senato dove lavoriamo a stretto contatto ogni giorno in Ufficio di Presidenza. Il Congresso è finito a febbraio con le primarie, dal giorno dopo, per quanto mi riguarda, le mozioni non sono più esistite. Facciamo tutti parte del Partito democratico e ciascuno di noi dà il proprio contributo sui territori e nelle istituzioni. Il gioco del ‘chi ha sostenuto chi’ dà un tocco di colore ai vari pezzi giornalistici ma non cambia la sostanza: a Palazzo Chigi c’è il governo più a destra della storia della Repubblica e il PD è impegnato, con tutte le sue forze, a creare un’alternativa valida, credibile, di centrosinistra, all’idea di società e di Paese di questa destra».  

L’accusa maggiore che viene rivolta ai consiglieri regionali è che l’opposizione in Regione ad Occhiuto è vibrante solo sui giornali. Che narrazione le arriva dalla Calabria?
«Lo dico senza polemica, non conoscendo le singole vicende locali: se tutti quanti pensassimo un po’ meno alle beghe interne e alle rendite di posizione dei singoli e ci si impegnasse di più nel fare un’opposizione seria, puntuale, vigorosa alla destra, che sia in Comune, Regione o in Parlamento, faremmo un servizio migliore al PD e al Paese».

Senatore, chiudiamo di nuovo con Cosenza. Le sono arrivati gli strali delle polemiche locali in federazione a Cosenza? Gli ultimi litigi sono per un bilancio consuntivo di 14mila euro che cela il consueto malcontento politico…
«Fare il commissario della Federazione del Pd di Cosenza è stata un’esperienza impegnativa che si è chiusa, come da impegno preso subito dopo la vittoria alle amministrative, ormai da mesi. Abbiamo lasciato un partito nelle condizioni di ricominciare un percorso, di eleggere un nuovo segretario che ha la responsabilità di guidare quella federazione, rispettandone le diverse sensibilità e cercando di dirimere le questioni senza litigi o polemiche. Come sempre accade in questi casi sarà il segretario e il gruppo dirigente a rispondere dei successi e degli insuccessi alla sua comunità e alla Segretaria nazionale…».