Il giornalista, ospite di Perfidia, analizza il caso Almasri: «Nel governo mix di incompetenza e presunzione, nella Prima Repubblica si sarebbe risolto in due ore». E sullo scontro politca-magistratura dice: «Per andare a fondo il primo ministro sa che deve tornare alle urne»
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Il casino scoppiato sul caso Almasri? «Un mix di incompetenza e presunzione. Siamo tutti convinti che andava rimandato in Libia ma le modalità in cui è avvenuto il rimpatrio sono sconcertanti». Luigi Bisignani, l’uomo che sussurra ai potenti (per citare il libro che ha scritto assieme a Paolo Madron), commenta i guai del governo Meloni a Perfidia, nella puntata speciale condotta da Antonella Grippo negli studi di Roma del network LaC.
Un pizzico di amarcord per il giornalista che molti considerano il detentore di tanti segreti della politica: «Nella Prima Repubblica una questione del genere si sarebbe risolta nel giro di due ore: una volta fermato, la catena di comando si sarebbe attivata e se ne sarebbe andato senza problemi. Di certo non lo fai arrivare come una rockstar con l’aereo di Stato».
Il racconto di Bisignani è un piccolo manuale sulla ragione di Stato: come far sparire il capo della polizia giudiziaria libica senza generare una bufera politica.
Grippo parla di una catena della sciatteria che vede tra i suoi anelli anche ministri come Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Bisignani evidenzia: «Stiamo parlando di un prefetto di serie A e di un grande magistrato, secondo me quello che manca è una catena di collaborazione. Abbiamo un primo ministro straordinario che è molto più avanti di tutto il suo governo e tutto il resto che è scollato, forse per la personalità troppo forte del premier».
Il caso Almasri ha un corollario spinoso: l’indagine aperta sul governo che ha provocato una risposta dura da parte di Giorgia Meloni, con accuse pesanti contro la magistratura. «Perché una politica così accorta – si chiede Bisignani – forza così la mano? Lei capisce che ormai c’è una scollatura enorme tra il Paese reale e la magistratura e la vuole cavalcare. Ma per cavalcarla può fare solo una cosa: chiedere le elezioni anticipate».
Per Bisignani «questo è il punto vero: lei non può fare il rimpasto – perché ha detto che se lo fa le cade giù tutto – ma sa benissimo che con un governo così scollegato non può andare avanti. E allora può chiedere le elezioni anticipate e Mattarella non può non concederle».
Non è una previsione inedita, Bisignani l’aveva già consegnata a Perfidia circa un anno fa. E l’opposizione cosa fa? Ha ceduto la lotta politica alla magistratura? «La sinistra non ha altre armi se non quella. Ma siamo sicuri che tutta la magistratura sia così scatenata? Io non credo. Penso che questa guerra non potrà andare avanti così».
Il giornalista considera «eversive» le manifestazioni delle toghe durante le inaugurazioni dell’anno giudiziario: «Non ci si può fare scherno del Governo e del Parlamento in un momento così solenne».
Lo scontro tra politica e magistratura che affonda radici negli anni di Mani Pulite attraversa 30 anni di storia della Repubblica. Cos’è cambiato rispetto al 1992? «Prima si attaccavano le singole persone, adesso abbiamo fatto un salto di qualità: abbiamo indagato un intero governo. C’è una forma di cortesia istituzionale che è saltata. E poi diciamocelo: la denuncia di Li Gotti è fatta da due paginette ricavate da ciò che è uscito sui giornali».
Sulla separazione delle carriere Bisignani è ancora più netto: «Non basta la separazione delle carriere, io sono per la separazione dei palazzi. I pubblici ministeri e i giudici non si devono incontrare, c’è una commistione che non va bene perché è chiaro che c’è l’inciucio».