A vedere i tre (presunti) nomi sul tavolo del centrodestra che si riunisce oggi a Roma alle 16 con Berlusconi forse in collegamento da Milano (ma non è detto che partecipi), si capisce che tutte le parole e i fiumi d’inchiostro spesi finora sulla corsa al Quirinale non hanno mosso granché: Mario Draghi, Sergio Mattarella e Pier Ferdinando Casini sono al momento quelli che sembrerebbero avere più chance.

Ma a fare la prima mossa che apre davvero il grande gioco del Quirinale è stato Matteo Salvini che intestandosi il ruolo di kingmaker del centrodestra ha chiamato i due alleati, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, per fissare oggi la riunione che il Cavaliere, invece, non ha voluto convocare. Non solo, il leader della Lega ha fatto sapere di aver sentito anche i vertici degli altri partiti assicurando di lavorare ad una «candidatura di alto profilo». Certo è che il summit di Lega, Fi e Fratelli d'Italia a cui prenderanno parte anche i «piccoli» è quanto attendeva il centrosinistra per avviare il rush finale delle trattative.

Un passaggio chiave, preceduto da una girandola di incontri, il primo fra tutti quello tra Enrico Letta e Matteo Renzi. È proprio il leader di Italia Viva che prova anche a definire un identikit del nuovo Capo dello Stato. «L'arrivo di Draghi al Quirinale, ci sta - dice Renzi - allora se lui va, a Palazzo Chigi probabilmente servirebbe non un politico ma una figura istituzionale che va bene a tutti. Nel corso del faccia a faccia con Letta, i due hanno concordato sulla necessità di un "patto di legislatura» e su un premier di garanzia. Un concetto che il segretario del Pd ribadisce anche ai rappresentanti dei partiti più piccoli, con l'obiettivo di creare la più ampia convergenza.
Il vero scatto però, nel tira e molla per trovare il successore di Sergio Mattarella, si avrà oggi, quando il Cavaliere, comunicherà le sue intenzioni dopo avere fatto sapere ieri che gli serviva «ancora qualche ora» per sciogliere la riserva. Che poi dovrebbe coincidere con il suo passo indietro e la rinuncia definitiva all’ambizione di diventare Presidente della Repubblica.

Difficile dire se dal summit possa uscire, nel caso di rinuncia di Berlusconi, un nome su cui convergere. Molto più probabile che si vagli una rosa di nomi. Di area centrodestra, come ad esempio Casini che viene menzionato in ogni colloquio. A tenere banco resta sempre l'ipotesi di convergere su Mario Draghi. E sullo sfondo il bis di Mattarella. Quello che è certo è che dopo la riunione dei leader di centrodestra, ripartirà un secondo giro di consultazioni, forse quelle vere, e tra gli incontri in programma si attende il faccia a faccia tra Matteo Salvini ed Enrico Letta. Occhi puntati anche sulla galassia Cinque stelle.

Nel Movimento la contrapposizione tra i vertici ha ricadute nei gruppi parlamentari dove al momento non si riesce ad avere una linea unica tanto che Riccardo Fraccaro non esita a parlare di «clima estremamente preoccupante e velenoso intorno all'elezione del Presidente della Repubblica. Perciò - mette in chiaro l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio - vorrei sgombrare subito il campo da ogni dubbio dicendo che non voterò mai Mario Draghi». Un invito alla cautela arriva anche da Emma Bonino. «Non ci possiamo permettere una crisi di governo - osserva la senatrice di +Europa -. Io francamente non vedo un'altra figura oltre Draghi, capace di tenere insieme questa maggioranza disordinata e sfilacciata». A meno di sorprese poi, difficile che i partiti arrivino ad un nome condiviso da poter eleggere entro le prime tre votazioni. A dettare i tempi ci pensa Renzi: «Ci sono 3 o 4 ipotesi - dice l'ex premier - agli italiani dico: è complicato ma giovedì o venerdì avrete un presidente». Infine il leader di Iv lancia un appello al centrodestra: «Faccia un nome che abbia il consenso del Parlamento. Il Presidente va eletto tutti insieme».