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«In termini di parità uomo-donna, la Calabria può riuscire a raggiungere il Ruanda».
Usa il sarcasmo Alessia Bausone, esponente del Pd e vice presidente della sezione calabrese dell’associazione nazionale Donne giuriste Italia, per lanciare l’allarme sulle lacune della legge elettorale calabrese, che allo stato dei fatti potrebbe ipotecare anche la prossima legislatura, quella post-Oliverio.
«In base ai dati del “quotaproject”, il progetto internazionale che raccoglie informazioni a livello mondiale sulle quote - spiega Bausone -, nella maggior parte dei Paesi del mondo sono attualmente adottate le quote di genere in campo elettorale. Il Ruanda, grazie alle cosiddette “quote rosa”, ha raggiunto la parità delle rappresentanze di genere in Parlamento già nel 2008. Io personalmente credo che la nostra regione possa raggiungere il risultato del Ruanda».
Al momento, però, la legge elettorale calabrese prevede soltanto che nelle liste elettorali (provinciali e regionali) debbano essere presenti candidati di entrambi i sessi.
«Una misura assai blanda - continua la giurista - mutuata dalla vecchia legge elettorale della Valle d'Aosta in cui manca completamente un preciso limite in percentuale per i candidati dello stesso sesso in lista. Lo dimostra la presenza in Consiglio regionale di una sola donna eletta, Flora Sculco, oltre alla consigliera Ferro, entrata a palazzo Campanella a seguito di una pronuncia della Corte costituzionale».
Insomma, la spada di Damocle sarebbe sempre la stessa: una pioggia di ricorsi alla Consulta, con il rischio di annullamento delle elezioni future.
«Questo perché - spiega Bausone - la legge elettorale calabrese risulta palesemente incostituzionale per il suo mancato adeguamento ai principi che promuovono le pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive. Siamo nella fase discendente della legislatura, con un governo regionale di centro-sinistra e una proposta di legge ad hoc a firma Sculco che giace inascoltata in Consiglio regionale già da qualche anno».
È la premessa, questa, che l’esponente del Pd usa per la sua chiosa finale squisitamente politica: «Nel mese scorso è stata approvata la nuova legge elettorale del Lazio all'unanimità con l'introduzione della doppia preferenza di genere e della quota di genere del 50 per cento ai candidati nelle liste circoscrizionali. E lo scorso 24 novembre, anche la Sardegna si è adeguata, mentre la nuova giunta siciliana Musumeci rischia l’azzeramento per il mancato rispetto del principio della equa rappresentanza di genere, come fu per Cappellacci in Sardegna nel 2011 e per Roberto Formigoni in Lombardia nel 2012. Questo a dimostrazione di quale e quanta considerazione ha il centro-destra e, in particolare, Forza Italia, rispetto alla presenza delle donne nella vita politica del nostro Paese a differenza dei governi di centro-sinistra».
Tutto giusto, se non fosse che la regione Calabria è governata, fino a prova contraria, proprio da quel centrosinistra che, come sottolineato da Bausone stessa, tiene la proposta sulla doppia preferenza di genere in un cassetto da parecchio tempo.