Addio ai fondi

Baker Hughes, il requiem di Agostinelli sui 60 milioni a Corigliano Rossano: «Porto abbandonato da 50 anni ma a Stasi va bene così»

Il presidente dell’Autorità di sistema portuale in una conferenza stampa ricostruisce tutto il percorso e dà la colpa al sindaco di Corigliano Rossano: «Si nasconde dietro quattro foglie di fico, la verità è che non c'è stata la volontà politica»

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di Luca Latella
21 ottobre 2024
20:33

Un “amen” sulla vicenda e nessuna certezza sul futuro, se non gli appetiti di gruppi industriali ed i “ventidel parco eolico offshore che spirano sul porto.
Andrea Agostinelli pone la pietra tombale sull’investimento proposto da Nuovo Pignone Baker Hughes, e lo fa in una conferenza stampa convocata negli uffici dell’Autorità portuale di Corigliano, anche per raccontare la sua versione dei fatti e – quindi – riversare tutte le responsabilità sul sindaco, Flavio Stasi: «Non c’è stata volontà politica».
Tra i tratti salienti dell’incontro con i media, Agostinelli cita le «quattro foglie di fico» dietro cui si sarebbe nascosto il primo cittadino per opporsi all’insediamento «che avrebbe prodotto duecento posti di lavoro più quelli dell’indotto».
Quella del presidente dell’Autority marittima è una narrazione lunga che parte da gennaio 2023 e si conclude col “no” di Baker Hughes dei giorni nostri.

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«Non ho fatto i conti con i riti della politica»

«Non è mio interesse fare polemiche o inserirmi nel dibattito politico tra due posizioni agli antipodi. Semplicemente – Agostinelli non parte proprio morbidissimo – sottolineo che da una parte c’era chi ambiva allo sviluppo del porto e dall’altra chi vuole che questa infrastruttura rimanga così, inerme, per chissà quanti altri anni».
«Devo fare autocritica – prosegue – perché sono stato ingenuo, ho creduto che il progetto presentato da Baker Hughes risolvesse i problemi di questo porto, abbandonato da cinquant’anni. Peraltro, da quando mi sono insediato, nessuno mi ha mai proposto di aprire una interlocuzione sull’intermodalità ferroviaria, sulle strade di accesso. Baker Hughes sembrava un coniglio uscito dal cilindro, avrebbe portato con sé vitalità e dieci navi al mese. Eppure tutti parevano d’accordo, tranne la “riserva indiana” – così letteralmente definita – il comitato “Giù le mani dal porto” che immaginava situazioni ottocentesche con ciminiere, rifiuti industriali e condizioni di lavoro inimmaginabili».
«Ho creduto che il progetto potesse passare in pompa magna, che l’autorizzazione Zes potesse bastare, ma non avevo fatto i conti con i tiri della politica, di una politica ondivaga che ha determinato l’abbandono del progetto e condannato il porto a chissà quanti altri anni di desertificazione. Questa è una sconfitta per tutti, mia per primo». 


Le posizioni «ondivaghe» del sindaco

L’ammiraglio ricostruisce i primo momenti, una riunione con i vertici dell’azienda alla quale Stasi si sarebbe presentato con «40 minuti di ritardi per soffermarsi solo un minuto» e poi la “conversione” verso il “sì” del sindaco dopo una visita negli stabilimento di Nuovo Pignone a Vibo Valentia.
«Agli inizi di gennaio di quest’anno, nel mio ufficio di Gioia Tauro, il sindaco mi riferisce di essere d’accordo su tutto – rammenta ancora il presidente – chiedendo però un protocollo per lo sviluppo dell’attività peschereccia, del diportismo, della croceristica, e di ritirare la concessione all’azienda operante sulla banchina 1. In una lettera – che Agostinelli sottopone all’attenzione di tutti – rispondo sottolineando di essere disposto a parlare di tutto ma sto ancora aspettando la convocazione di quel tavolo».
Secondo Agostinelli, proprio per avvalorare le tesi secondo cui le interlocuzioni tra enti ci sono state, cita la “call” – siamo sempre a gennaio 2024 – «tra me, il sindaco, il presidente Occhiuto e i sindacati confederali, in cui si discute di banchina croceristica per la quale l’Autorità portuale ha a disposizione 7 milioni di euro seppur ne necessitino circa il quadruplo, poi conclusa con la disponibilità del governatore a convocare un tavolo che poi si terrà».

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Si giunge così alla conferenza dei servizi decisoria, nella quale «undici enti forniscono il loro parere positivo, tranne il Comune, che dapprima si esprime negativamente per poi dichiarare di non essere in grado di fornire una risposta per mancanza di conformità urbanistica. Per noi quello non è un parere accettabile – prosegue Agostinelli – in quanto la conferenza dei servizi prevede un “sì” o un “no”. Interpretando quella risposta dell’amministrazione comunale come un assenso del Comune rilasciamo un atto di sottomissione alla società, poi seguita da una concessione demaniale marittima. A quel punto Becker Hughes invia un faldone comprensivo del progetto allo sportello unico della Zes che poi lo girerà agli anti competenti, compreso il Comune».
Agostinelli menziona anche una conferenza col ministro del Mare, Nello Musumeci, tenutasi ad aprile a Corigliano in cui «il sindaco inizia a parlare di piano regolatore portuale che per noi rappresenta una foglia di fico. Ne segue una lunga parentesi elettorale in cui il tema BH non viene affrontato da nessuno dei competitor. Stasi vince – Agostinelli prosegue nella sua ricostruzione – ed il dialogo riparte con la richiesta di delocalizzazione di parte dei capannoni nell’area industriale e poi con la “litania” della mancanza di conformità urbanistica».  
Il 26 giugno risuolterà essere la vigilia del patatrac, perché «Stasi si presenta a Roma ad un incontro decisivo con l’azienda, ma con in tasca il ricorso già presentato alla Presidenza della Repubblica il giorno prima», fatto che a detta del presidente dell’Autorità portuale «inizia a indispettire» Baker Hughes.  

«Le quattro foglie di fico»

L’ammiraglio si avvia alla conclusione, non prima di intraprendere la morale sulla legalità e sulle procedure ambigue «cavalcate da Stasi» in questi giorni.
«Per 37 anni sono stato un ufficiale di polizia giudiziaria e mai avrei eseguito una procedura irregolare per conto dell’ente che rappresento, né mai l'avrei imposta a un'amministrazione municipale. Il sindaco oggi si risveglia alfiere della legalità, parla di piano regolatore inesistente mentre una pianificazione esiste anche se datata 1971 e prevede anche la destinazione ad uso industriale del porto. Per questo abbiamo fornito il nostro assenso all’investimento».
«Sono pronto a dimostrare tutto attraverso gli atti – tuona Agostinelli – altro che le quattro foglie di fico dietro cui si nasconde il sindaco, ovvero la conformità urbanistica, la delocalizzazione, la mancanza di un piano regolatore e infine la regolarità delle procedure. Tutti argomenti utilizzati come grimaldello per negare politicamente la concessione. Con autorizzazione Zes riconosciuta, il sindaco era obbligato a rilasciare parere a costruire».

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«La goccia che ha fatto traboccare il vaso»

Nelle battute finali Andrea Agostinelli cita anche l’ex parlamentare grillino Francesco Forciniti. «In una nota stampa definiva Baker Hughes quali “colonizzatori americani”. Dai segnali che mi sono giunti quel giorno, credo sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso».

Nubi dense e nerissime sul futuro del porto

Posata la pietra tombale sul progetto, si aprono adesso tutta una serie di nuove partite da giocare. Agostinelli conferma che potrebbero esserci molti appetiti da parte di altri gruppi industriali ma non si sbilancia. Alla domanda secondo cui il porto potrebbe essere convolto nel progetto del parco eolico offshore – progetto in prossimità della fase di valutazione di impatto ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente – è lapidario: «Credo proprio di sì – conclude il presidente dell’autorità di sistema portuale – perché per posizione è inevitabile. Dove vorrete che costruiranno le pale eoliche?»
E su quello sì che nessuno potrà mettere becco, perché di competenza esclusivamente ministeriale.

 

 

 

 

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