Alla fine Antonio Tajani ha capito l’aria che tira. Sente che la fiducia verso di lui della famiglia Berlusconi si sta affievolendo per il suo rapporto troppo stretto con la premier. È un problema politico di posizionamento del partito, ma anche economico. Con la Rai totalmente monopolizzata dalla Meloni, la famiglia Berlusconi ha tutto l’interesse ad accaparrarsi il pubblico più progressista. Politicamente poi ci sono vedute differenti su tanti temi e qualche piccolo screzio, a partire dall’aumento del tetto pubblicitario alla Rai che la Lega vorrebbe introdurre.

Tajani sa anche bene che le sue fortune risiedono soprattutto al Sud. Se Forza Italia alle Europee ha preso quasi il 10% e vinto di una spanna la competizione interna con la Lega, si deve soprattutto alle “ramificazioni” sui territori. FI alle Europee ha ottenuto l’11% in Campania, il 18% in Calabria e il 23% in Sicilia, mentre a Roma (città di Tajani) non arriva al 5% e nel Nord Est al 7%. Una situazione che non soddisfa appieno la famiglia Berlusconi che vorrebbe un rinnovamento profondo nel partito, con figure nuove e giovani, in modo da rilanciare FI e soprattutto riprendersi le piazze del Nord oggi conquistate da Fratelli d’Italia e Lega. La sintonia con la classe dirigente meridionale forzista, infatti, non è certamente al massimo.

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Per questo Tajani ha deciso di prendere di petto la situazione e si è messo di traverso sulla storia dell’autonomia differenziata. Anche per non lasciare campo libero a Roberto Occhiuto che con la sua richiesta di moratoria sulle materie non Lep ha alzato un discreto dibattito.

Il vicepremier prima ha precisato ai giornalisti che «bisogna vigilare affinché l'Autonomia differenziata venga ben applicata. Io ribadirò che, per quanto riguarda il commercio estero, c'è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato». Poi ha spiegato che «serve una politica nazionale, l’export costituisce il 40% del pil. Non possiamo scherzare su questo argomento. Bisogna essere chiari, anche sulle competenze, che non vogliono siano sottratte al ministero degli Esteri (che poi sarebbe lui stesso, ndr)».

Detto fatto in Cdm era in programma l’informativa del ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli. Le cronache raccontano di una informativa molto veloce che non ha per nulla rassicurato Giorgia Meloni. Ad intervenire è stata prima di tutto la premier, chiedendo di spiegare meglio – riferisce Repubblica – la tempistica degli eventuali accordi tra regioni e Stato centrale sulle materie che non richiedono il finanziamento dei Lep. Poco prima lo stesso Calderoli aveva annunciato che quanto alle richieste di avvio di negoziato, a oggi sono state già trasmesse al Governo le richieste delle Regioni Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia.

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È stato a quel punto che Tajani ha fatto partire l’affondo. Noi temiamo che procedere così in fretta - la sintesi del suo discorso - possa creare problemi ad altre Regioni. Noi vogliamo capire bene gli effetti. Il segretario di Forza Italia si è poi lanciato in un esempio: «Se una Regione stipula un’intesa sul commercio estero con uno altro Stato, potremmo rischiare di avere tante piccole politiche estere regionali, che rischiano di confliggere con quella nazionale e quella comunitaria. Questo non sarebbe accettabile». subito dopo Tajani ha chiesto a Calderoli una copia della sua relazione con l’intenzione di studiarla e sottoporla anche all’Osservatorio sulla legge che ha istituito il suo partito.

Il crinale che ha preso questa storia dell’autonomia rischia di essere pericoloso per la maggioranza. Come hanno fatto notare diversi osservatori politici si potrebbe creare un effetto domino con effetti negativi potenzialmente in aumento. Ne è convintissimo, ad esempio, Matteo Renzi che sta iniziando a parlare di voto anticipato, soprattutto se il Governo dovesse perdere il referendum.