Con l’avvicinarsi delle Europee si intensificano le manovre dei partiti alla ricerca dell’alleanza giusta. La più attiva di tutte è la Lega che in Calabria, come abbiamo già avuto modo di scrivere, sta facendo vera e propria campagna acquisti. Le ultime indiscrezioni parlano di una manovra un po’ più importante, raccontano cioè di un patto federativo fra il Carroccio e Idm, il movimento politico di Orlandino Greco. Due mondi all’apparenza agli antipodi ma che hanno un comune denominatore nel protagonismo dei territori. Il diretto interessato, Orlandino Greco, non conferma né smentisce segno che qualcosa di concreto in fondo c’è.

Greco, ma come vi porrete poi sul tema centrale dell’autonomia differenziata?
«Guardi la posizione di Idm è chiarissima perché l’abbiamo espressa in diverse occasioni. Oggi le dico che Calderoli non può liquidare la questione del regionalismo differenziato senza dare certezza non soltanto sui famigerati Lep (livelli essenziali delle prestazioni) ma soprattutto sulla tenuta del fondo perequativo che deve garantire i territori con minore capacità di gettito fiscale»

Quindi continuerete a dare battaglia sul punto?
«Su questi temi certamente. Però vorrei sottolineare che la vicenda dell’autonomia differenziata merita una riflessione priva di pregiudizi. In questo senso le dico che Calderoli dice alcune cose vere quando imputa alle regioni del Sud di non essere in grado di spendere le risorse che le vengono assegnate. Se penso alla Calabria dico che il problema non sono i soldi, ma la nostra classe dirigente troppo spesso inadeguata al ruolo»

A cosa si riferisce in particolare?
«Esempi se ne potrebbero fare parecchi… prendiamo ad esempio un servizio essenziale come la sanità che è già materia di legislazione concorrente. Lei stesso ha recentemente scritto che la Regione ha due miliardi e mezzo finalizzati all’edilizia sanitaria che sono fermi nei cassetti di qualche burocrate. Questo lo trovo un fatto delittuoso. Due miliardi e mezzo sono quasi come un Por a cui, fra l’altro, vanno aggiunti i milioni di euro che ogni anno paghiamo per la migrazione passiva. In questa situazione, con ospedali che ormai sono strutturalmente al collasso, ci prendiamo il lusso di tenere le risorse ferme per vent’anni? Senza riuscire ad offrire ai calabresi servizi sanitari adeguati? A me, ripeto, sembra un fatto delittuoso»

Ci faccia un esempio…
«Prendiamo i famosi tre nuovi ospedali finanziati nel 2007. Ad oggi abbiamo solo lo scheletro dell’ospedale della Sibaritide, degli altri non si ha traccia. Non penso siano tempi accettabili»

Fra l’altro c’è il problema che i finanziamenti stanziati non sono più sufficienti a realizzare le opere per l’aumento dei costi di questi anni. I deputati Cannizzaro e Arruzzolo avevano presentato un emendamento al milleproroghe, poi ritirato, in cui si autorizzava la Regione ad utilizzare i fondi Covid non spesi. Ora dove le troviamo queste risorse?
«Questo è un problema aggiuntivo perché i ritardi nella spesa hanno fatto lievitare i costi. E’ evidente che in qualche modo i soldi vanno trovati perché non possiamo lasciare le opere a metà. Magari si potrebbero utilizzare i fondi non spesi. Se a Catanzaro siamo ancora nella fase della progettazione si potrebbero prendere da lì così intanto andiamo avanti con le opere. Insomma serve una maggiore programmazione e più concretezza»

Sono sorti, sui tre ospedali, intoppi di varia natura…
«Se scelgo di fare un ospedale in una zona franosa è qualcosa di più di un intoppo. Se litigo sulla scelta dell’ubicazione del nuovo ospedale e su questa diatriba fra Comune di Cosenza e Regione blocco tutto, la colpa di chi è? Ma poi non ci sono solo i tre ospedali finanziati nel 2007. Abbiamo il nuovo ospedale di Reggio Calabria finanziato dall’Inail per 250 milioni di euro e siamo ancora alla fase della progettazione definitiva; abbiamo il nuovo ospedale di Cosenza, finanziato sempre dall’Inail per 350 milioni di euro, e siamo nella fase di un secondo studio di fattibilità; abbiamo l’ospedale di Catanzaro, finanziato con fondi Inail per 87 milioni e altri 170 ex art. 20, e siamo ancora nella fase della progettazione definitiva. Insomma tutto è fermo e non è pensabile che in Calabria non ci sia mai un responsabile. Io lo individuo nella classe dirigente calabrese che, lo ribadisco, sta compiendo un delitto tenendo fermi quei soldi e lo sviluppo dell’edilizia sanitaria che è componente fondamentale nella cura. Gli effetti sono che non riusciamo a garantire
un’offerta sanitaria adeguata, rinunciamo agli effetti che l’immissione di questi finanziamenti nel circuito economico calabrese può produrre, continuiamo a spendere quasi 300 milioni l’anno di migrazione passiva che va a potenziare i sistemi sanitari più avanzati del Paese»

Lei boccia la classe dirigente calabrese, ma allo stesso tempo ne fa parte. Che fa, si chiama fuori da ogni responsabilità?
«Io ne rispondo per il pezzetto che mi compete. Faccio il sindaco e i primi cittadini non hanno competenze sulle questioni di cui discutiamo per cui non mi identifico in questa classe dirigente. Se da sindaco tenessi fermi tutte queste risorse probabilmente mi ritroverei i cittadini con i forconi sotto il Municipio. Qui invece nessuno risponde di nulla. Da consigliere regionale certamente avrò fatto degli errori, ma all’epoca avevamo un commissario al Piano di rientro che rispondeva più al Nazareno che al Governo e col quale non siamo riusciti ad avere una interlocuzione»