19 giugno 2024: l’Autonomia differenziata si fa legge. In quella che la Lega definisce una «giornata storica» c’è ancora qualcuno che prova a inquadrare il contesto di una decisione già presa. La commissione bicamerale che discute del Federalismo fiscale ascolta Massimo Villone, uno dei più importanti costituzionalisti italiani. Docente emerito di Diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli e già parlamentare di sinistra nel Pds e poi nei Ds, Villone è uno dei tanti esperti a porre dubbi ed evidenziare incongruenze nel ddl Calderoli: quella riforma “sbagliata” andrebbe rivista. O, quantomeno, realizzata assieme all’architettura del federalismo fiscale. Senza questo passaggio, il rischio è quello di perdere il controllo del Bilancio dello Stato. Pericolo non proprio trascurabile. Non è neppure l'unico dei rischi di un disegno che rischia di spaccare l'Italia. Il network LaC ha lanciato ieri con l'editoriale firmato da Domenico Maduli, una campagna di informazione e comunicazione per raccontare contesto e prospettive di un percorso iniziato anni fa e che pare essersi consumato con un delitto perfetto. La vittima è il Sud.  

«Ridurre il divario Nord-Sud? Da 30 anni non ci prova nessuno»

Sono le ore in cui si prepara il voto finale sulla riforma. Villone parte dalla Costituzione e da due pilastri: l’articolo che si occupa dei livelli essenziali delle prestazioni (il 117) e quello che riguarda la disponibilità di risorse proprie da parte dei governi locali, con il richiamo al fondo perequativo (il 119). La sua conclusione è che «abbiamo un obiettivo fondamentale di riduzione dei divari e delle disuguaglianze, il perseguimento di un tendenziale obiettivo di pari dignità di persone e territori». Il docente non usa giri di parole: «Bisogna dire che questo obiettivo, da circa trent'anni a questa parte, non è stato mai perseguito, se non in modi e misure assolutamente parziali».

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La locomotiva del Nord finita in deposito

Ogni tentativo di riallineare il Sud al resto del Paese è stato abbandonato, tra dimenticanze e leggi inattuate: «Anzi, è stata seguita una linea opposta». Una direttrice suggerita «anche da economisti che avevano la stanza accanto a quella del Presidente del Consiglio». L’idea era che «non fosse utile destinare risorse pubbliche al superamento dei divari e alla riduzione delle diseguaglianze, ma che, al contrario, le risorse disponibili andassero investite su quelle parti del Paese che potevano più efficacemente farne uso». 

Nasce così l’etichetta della locomotiva del Nord. Per Villone questa teoria «ha dimostrato ampiamente il suo fallimento: le nostre regioni di eccellenza sono in caduta libera rispetto alle altre realtà europee, perdono decine di posizioni nelle classifiche europee e in rapporto al Pil». Quella tesi, in sostanza, «ha rallentato lo sviluppo del Paese e che ha, in realtà, determinato un danno collettivo generalizzato. La locomotiva è finita in deposito».

Il fondo perequativo tagliato: da 4,5 miliardi a 800 milioni

In deposito è finito, nel tempo, anche lo strumento cruciale per colmare divari e diseguaglianze, cioè la perequazione. Un conto è la Costituzione, che lo mette al centro dell’architettura, altro è la realtà delle scelte politiche: «Noi abbiamo avuto di recente il definanziamento del fondo per la perequazione infrastrutturale, che da 4,5 miliardi di euro – se non ricordo male – è stato ridotto a 800 milioni. Poi si recupererà, ma chissà come e chissà quando». Comincia a prendere forma il quadro che può descrivere l’Autonomia differenziata come il delitto perfetto. Prima anni di politiche pensate per far correre (senza successo) il Nord, poi lo smantellamento della perequazione.

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«Un paio di centinaio di materie possono essere trasferite anche domani»

Il terzo indizio riguarda l’impalcatura della riforma Calderoli. Villone si concentra (anche) su ciò che il ministro «non dice» e cioè «che l’autonomia differenziata si applica anche alle materie non Lep, cioè non condizionate all’adozione di livelli essenziali delle prestazioni».

Fuori dai tecnicismi: «Uno studio recente ci dice che, per le materie non Lep e le funzioni non Lep, un paio di centinaia possono essere trasferite anche domani, e sono materie di rilievo».

Una delle preoccupazioni riguarda (l’ha condivisa anche il governatore della Calabria Roberto Occhiuto) la concessione di un’autonomia differenziata nel commercio con l’estero «che è devolvibile subito, da domani, perché è parte delle materie non Lep». Il timore è che si generi «un danno alla competitività di altre regioni». L’audizione di Villone da preoccupata si fa quasi profetica: «Non a caso ho fatto l'esempio del commercio con l'estero. Il commercio con l'estero può partire domani. Può arrivare il presidente Zaia con le carte che chiedono funzioni in materia di commercio con l'estero, tutte le nove materie non Lep di cui si discuteva o le funzioni non Lep nell'ambito di materie Lep». Il governatore del Veneto, in effetti, è stato il primo a muoversi, pochi giorni dopo l’approvazione della legge, trovando l’opposizione di un pezzo del governo, il ministro Nello Musumeci, ex governatore della Sicilia. Il costituzionalista, però, aveva già previsto (inascoltato) i primi effetti del Sì alla riforma.

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Villone: «Il rischio è perdere il controllo del Bilancio dello Stato»

Altro (grande) tema: il rischio di perdere il controllo del Bilancio dello Stato. «Noi stiamo parlando – spiega ancora il docente – di un procedimento nel quale le regioni più forti di questo Paese (Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria) separatamente si autodeterminano, in una trattativa “uno a uno”, su quelle che sono le esigenze e poi passano le carte al centro, che ne prende atto e costruisce il bilancio. Quale controllo possiamo pensare che si abbia ancora da parte dello Stato? Come controlliamo il bilancio? Da ciò comprendiamo le perplessità sulla sostenibilità per il bilancio avanzate dall'Ufficio parlamentare di bilancio, dalla Corte dei conti, dalla Banca d'Italia. Affidare gli equilibri di finanza pubblica a una contrattazione decentrata è una cosa che, probabilmente, ci mette in una condizione non sostenibile e non gestibile nella prospettiva futura».

L’invito finale arriva quando ormai la maggioranza ha deciso che si andrà avanti a tappe forzate e la Lega è pronta a esultare: «Si sarebbe pensato che l'evoluzione in chiave di autonomia differenziata potesse essere messa in stan-by, quantomeno per completare entro il 2026 l'architettura di federalismo fiscale, ma questo non è e probabilmente non accadrà». Villone è facile profeta. La macchina che rischia di spaccare l’Italia è già partita. Prima gli investimenti sulla locomotiva del Nord, poi i tagli alla perequazione, infine la fuga in avanti di Calderoli e Zaia sulle materie a cui non ci applicano i Livelli essenziali delle prestazioni. Tre indizi fanno una prova: il delitto perfetto ai danni del Sud è servito.