Gli ordini di scuderia dicono di portare avanti il Ddl Calderoli. Ma mentre il presidente della Regione Occhiuto tenta di barcamenarsi facendo capire che senza soldi non si può fare, il partito dopo le dichiarazioni di Succurro è lacerato e silente
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L’autonomia differenziata agita i sogni dei forzisti calabresi, costretti a mettere in campo una sorta di politica dei due forni. Convintissimi a Roma dove fra poco i deputati Francesco Cannizzaro e Giuseppe Mangialavori dovranno votare il Ddl Calderoli alla Camera, possibilisti in Calabria. Anzi qualcosa di più visto che dopo le esternazioni della presidente Anci, Rosaria Succurro, forzista doc, il partito si è chiuso in un silenzio ermetico. Nessuno infatti ha smentito le parole della Succurro che si è schierata con i sindaci che domattina manifesteranno davanti alle sedi delle Prefetture dei nostri capoluoghi.
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Il punto è che gli ordini di scuderia romani dicono di portare avanti il progetto Calderoli, gli umori del territorio sono assolutamente contrari. Così Forza Italia o sta in silenzio o prova a barcamenarsi come ha fatto il presidente Roberto Occhiuto che a Catanzaro, in audizione della Commissione parlamentare bicamerale per le questioni regionali, ha tuonato che servono gli «80 miliardi (per finanziare i Lep, ndr) altrimenti di cosa parliamo». Ancora un no money, no party, insomma. Un’affermazione che ha stupito anche il presidente della stessa commissione, nonché compagno di partito di Occhiuto, Francesco Silvestro. «Non capisco perché l’insurrezione non è stata fatta a monte e si vuole fare a valle», ha detto. Un modo per dire che forse le precisazioni dovevano partire prima che partisse l’iter parlamentare di conversione del Ddl Calderoli. Del resto non è un mistero che, vista la situazione in cui versano le casse dello Stato, è davvero complicato trovare i quattrini necessari per finanziare l’adeguamento dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) in tutto il Paese. Su questo però Forza Italia non ha fatto le barricate nelle commissioni in cui è stato affrontato il tema. Roberto Occhiuto ha dato il suo ok in conferenza Stato/Regioni, mentre il fratello Mario ha addirittura letto in aula al Senato la dichiarazione di voto favorevole alla riforma. Da qui lo stupore di Silvestro.
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Uno stupore dovuto anche al fatto che i Lep hanno sì importanza, ma fino a un certo punto. Lo ha scritto molto bene Azione, altro tassello della coalizione Occhiuto, che si è definitivamente sbilanciata contro la riforma dichiarando che sarà al fianco dei sindaci nella loro manifestazione di protesta. I motivi sono spiegati in una nota in cui, fra l’altro, si legge che «paradossalmente non sono i Livelli essenziali di prestazione la cosa che ci preoccupa di più. Il vero dramma – e da qui facciamo appello alla deputazione calabrese affinché incalzi la battaglia su questo – sono tutte quelle materie che non si calcolano in base ai Livelli essenziali di prestazione. Nei giorni scorsi il presidente di Svimez, Adriano Giannola, intervenuto in Calabria ad un incontro sulle nuove Zes, lo ha detto chiaramente. Il vero problema dell’Autonomia differenziata sono le altre materie. Ci sono le strade, le autostrade, gli aeroporti, la protezione civile e tutto ciò per cui non è specificata la necessità di rispettare i lep e per cui le competenze verrebbero trasferite immediatamente senza possibilità di emendamenti, proroghe o altri escamotage per rinviarne l’attuazione. La domanda, allora, è: siamo pronti a gestire domani tutto quanto diventerebbe competenza delle Regioni e che oggi è in mano allo Stato? Gestire e – attenzione – implementare. Perché, ad esempio, sappiamo tutti qual è il grado di arretratezza delle strutture viarie e della mobilità sul territorio calabrese».
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Quindi il punto è che la legge autorizza accordi bilaterali fra le singole Regioni e lo Stato centrale. Appena varata la legge, perciò, la Lombardia potrebbe chiedere l’autonomia su tutte le 23 materie o l’Emilia Romagna. Indipendentemente dai Lep che da quelle parti sono già garantiti. Certo lo faranno le regioni più “ricche”, difficile che lo facciano quelle come la Calabria. Sta tutto qui il rischio di spaccare in due il Paese.
Il centrodestra regionale lo sa e cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Il vero mistero sono le opposizioni in Consiglio regionale: ad oggi, a quanto ci risulta, non hanno ad esempio chiesto un Consiglio regionale sul punto non fosse altro che per far emergere le contraddizioni della maggioranza sull’autonomia differenziata.