La campagna di LaC

Autonomia differenziata, Falcomatà: «È un crimine politico che porta nomi e cognomi precisi»

Critiche all'Anci regionale e al centrodestra di Occhiuto per non aver preso una posizione chiara. «La riforma danneggia tutto il Paese»

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di Claudio Labate
8 settembre 2024
06:15

«È il più grande attentato mai compiuto contro la Costituzione, l’unità e l'integrità del Paese. È la mancetta di Governo più pesante che sia mai stata pagata ad un partito sulla pelle degli italiani. Un incredibile fardello che pesa sulle spalle di tutti i cittadini, non solo del Sud, e che peserà ancora di più in futuro, quando il divario nei diritti e nelle opportunità si cristallizzerà in maniera definitiva, condannando pezzi importanti del Paese ad un irreversibile condizione di sottosviluppo e l'intera economia nazionale a viaggiare zoppa, ostaggio di una visione miope ed egoista della governance pubblica». La condanna tout court della Riforma dell’Autonomia differenziata del ministro Calderoli è di Giuseppe Falcomatà.

Il sindaco dem della Città Metropolitana di Reggio Calabria, non parla solo da primo cittadino, ma anche da delegato per il Mezzogiorno e la Coesione Territoriale di Anci, che sin da subito ha preso posizione su quello che è stato definito lo “spaccaItalia”. Le sue prime preoccupazioni sono rivolte, da sindaco della più grande città della Calabria, alla tenuta economica e, soprattutto, sociale dei piccoli e medi Comuni, e quindi delle ricadute in termini sociali sui territori, in particolare di quelli del Sud e delle regioni più povere del paese, compresa «la marginalità che assumeranno gli enti locali a fronte delle ingenti risorse e funzioni che verranno sottratte ad una buona metà del paese. Non è affatto una questione simbolica o di testimonianza, ma un fatto sostanziale che riguarda milioni di persone in Italia. Ci saranno nette e pesanti penalizzazioni nella sanità, nella scuola, in ambito lavorativo ed occupazionale. Così, le realtà ricche saranno sempre più ricche e quelle povere sempre più povere. Ed è un crimine politico che porta nomi e cognomi precisi, quelli dei senatori e dei deputati che hanno svenduto l'unità nazionale in nome dei loro interessi di bottega.


L’Anci nazionale sin da subito ha provato a mettere dei paletti. Così come la Cei che denuncia sin dalla prima ora gli effetti nefasti della Riforma. Ma è una questione che riguarda soltanto il sud?
«Sarebbe stupido ed inutile alimentare una “guerra civile” sudisti contro nordisti. L’autonomia differenziata non è solo un problema per il Meridione, ma anche una vera e propria questione settentrionale. E’, anzi, una questione nazionale. Bisognerebbe spiegarlo anche a chi, pensando di fare un favore alle "regioni ricche" ha promosso, promesso ed ottenuto l’approvazione della riforma leghista. Eppure da anni affermiamo con convinzione che azzerando i diritti in una parte del paese a risentirne sarà l'intera economia nazionale. E' come se un'automobile si trovasse improvvisamente a viaggiare su due ruote invece che su quattro. Puoi tentare di spostare il peso quanto vuoi, ma inevitabilmente, dopo qualche metro, l'auto si ferma, o peggio ancora va a sbattere. Ed il rischio è quello di farsi male e di rimanere tutti quanti a piedi».

Qui in Calabria però i sindaci, o meglio alcuni sindaci, hanno assunto una posizione diversa da quella dell’Anci Calabria. Ci spiega perché e come vi determinerete nel futuro? 
«Quello che penso sulla posizione di Anci Calabria è ormai noto. Ribadisco soltanto che l'associazione dei sindaci calabresi non si era mai piegata così tanto al volere della politica regionale, contravvenendo, addirittura, alle indicazioni di ben 130 sindaci, compresi quelli dei capoluoghi e delle principali città, rappresentativi di un milione di cittadini calabresi. Era necessario, e lo è ancora, assumere una posizione più netta, chiedendo alla Regione di schierarsi in maniera aperta per la richiesta di referendum. Noi lo abbiamo fatto operando nella sede opportuna, che è l'assemblea regionale di Anci, dove abbiamo chiesto che la Regione potesse esprimersi in maniera aperta chiedendo il referendum. Se la politica regionale, anche a destra, sbandiera ipocritamente generiche preoccupazioni sugli effetti della riforma, va stanata nel merito, senza giri di parole. Chi è contrario a questo scempio deve dirlo, ma deve anche schierarsi formalmente per l'abrogazione della legge. Anci Calabria o no, noi come sindaci continueremo ad andare avanti contro una legge discriminatoria e divisiva».

Per mesi si è tentato di far passare la Riforma quasi come un toccasana per il sistema-paese, salvo poi rendersi conto, anche nella maggioranza di governo dei guasti che potrebbe produrre. Secondo lei anche i cittadini hanno compreso i pericoli che possono derivare da questa legge?
«Ovviamente sì. Volutamente per lungo tempo si è tentato di mascherare il dibattito pubblico attraverso tecnicismi e formule astruse. Ma adesso il re è davvero nudo, la gente ha capito. La verità è che certa politica è distante anni luce dalla gente. Lo si vede dal successo che sta ottenendo la raccolta firme per il referendum abrogativo della legge “SpaccaItalia”, mentre al chiuso delle stanze dei Palazzi romani tutto procede in un’irrealtà sorda ed incredibilmente ovattata. La risposta più pesante arriverà dalle urne. L’Italia è una e indivisibile. Gli italiani lo sanno e faranno di tutto per difendere l’unità del Paese ed il loro futuro di cittadini liberi ed eguali nelle opportunità e nei diritti».

C’è chi sostiene che il referendum sia inutile e soprattutto che non gliene frega niente, ma la campagna sta andando a gonfie vele. Altri sostengono che il referendum è pericoloso per chi lo propone e per il Governo stesso. Lei che ne pensa? 
«Da quando una consultazione popolare può ritenersi pericolosa? Gli italiani non hanno il prosciutto sugli occhi. Sanno bene quali sono i rischi ed il tracollo a cui saranno condannate la maggior parte delle realtà territoriali. Penso che il referendum sarà uno spartiacque per un Governo a trazione leghista e nordista che dovrà, inevitabilmente, trarre le conseguenze di scelte così profondamente miopi e distruttive. L'autonomia differenziata sarà il grimaldello sul quale esploderanno le contraddizioni di un Esecutivo che si regge esclusivamente su un accordo di potere, che mette insieme istanze nazionaliste e sovraniste con le mai sopite mire autonomiste che tentano di minare l'unità nazionale e stanno danneggiando seriamente l'economia ed il tessuto sociale del paese. Mi pare che sia una situazione ormai evidente e, probabilmente, questo autunno servirà a certificarla in un dissenso sempre più ampio che va interpretato ed organizzato in una proposta politica solida ed alternativa».

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