Anche Corte dei conti e Banca d’Italia sollevano dubbi sulla riforma: «Rischi per le finanze pubbliche e i diritti civili e sociali». Il paradosso dei Lep previsti senza i miliardi per coprirli lascia perplessi i tecnici: «Così si cristallizza il divario Nord-Sud»
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L’attacco della Lega al referendum punta tutto sulla narrazione che dell’Autonomia differenziata farebbe l’opposizione: un racconto politico che punterebbe tutto sui presunti aspetti negativi della riforma. Il copyright è del governatore veneto Luca Zaia: «Se dici alla gente che la loro vita cambierà in peggio, che è un progetto studiato a tavolino per far fuori il Sud, è normale che la gente sia diffidente».
Il problema – per il Carroccio, per il centrodestra, per il governo – è che questa diffidenza arriva anche da sedi istituzionali che non si affidano allo storytelling ma ai numeri.
L'Autonomia differenziata preoccupa anche l'Unione europea
La sezione di controllo della Corte dei conti per la Calabria dedica, nel giudizio di parifica della Regione, un passaggio significativo all’approvazione (e alle conseguenze) dell’Autonomia differenziata. La preoccupazione riguarda il modo in cui la legge sarà calata nei nuovi meccanismi della governance europea che prevede un maggiore rigore nelle politiche di bilancio. Rigore che si ripercuoterà a cascata sulla spesa regionale.
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Nello scenario, per i magistrati contabili entra anche «l’ulteriore variabile degli effetti che determinerà sulla coesione e sulle finanze pubbliche l’attuazione della autonomia differenziata». La Corte dei conti dedica un passaggio al Country report dell’Unione europea che «in occasione dell’avvio della procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia stimato al 7,4% ha indicato quale ulteriore fattore di rischio per l’effetto sull’aumento delle disparità di trattamento tra Centro Nord e Mezzogiorno: l’aggiustamento strutturale percentuale viene stimato per 7 anni in una diminuzione di almeno 10 miliardi l’anno». L’Autonomia differenziata, dunque, preoccupa anche l’Ue per i possibili effetti sul divario e sul bilancio del Paese. E la Corte dei conti non può che prenderne atto. Non si tratta di pareri politici. Anche i tecnici hanno forti dubbi sulla riforma.
Autonomia differenziata, i dubbi di Bankitalia sui diritti
Se ne trova traccia anche in una memoria depositata dalla Banca d’Italia quando la riforma Calderoli era ancora un disegno di legge. Quel report specifica che «permangono alcuni profili problematici che riguardano l’impatto di tale processo sull’efficienza economica, sul coordinamento della finanza pubblica, sull’uniformità territoriale nel grado di tutela dei diritti civili e sociali». Perplessità sulle conseguenze economiche e sociali: anche in questo caso non è questione di narrazione.
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Non è tutto: il ragionamento di Palazzo Koch va alle fondamenta del sistema fiscale italiano, la cui «progressività è riconducibile in massima parte all’Irpef». Con la nuova impalcatura istituzionale, le autonomie locali potrebbero trattenere per sé una quota delle tasse pagate dai cittadini. Con conseguenze che Bankitalia considera potenzialmente pericolose: «L’attribuzione alle Rad (Regioni ad autonomia differenziata) di quote rilevanti del gettito dei tributi erariali potrebbe avere un impatto sulla redistribuzione tra individui, in una misura che dipende dall’entità della spesa che passerebbe alle Rad». Più diritti e servizi per le Regioni più ricche, per le altre soltanto briciole.
Banca d'Italia: bene i Lep, ma dove sono i fondi?
La legge, evidenziano i tecnici, prevede correttivi: «Per evitare un’ulteriore divaricazione nell’offerta di servizi pubblici sul territorio il ddl indica opportunamente nell’individuazione dei Lep (Livelli essenziali di prestazioni, ndr) un prerequisito necessario per l’attivazione dell’autonomia differenziata». Il problema è che «la definizione dei Lep non implica tuttavia che le prestazioni individuate come essenziali siano adeguatamente finanziate ed effettivamente erogate su tutto il territorio nazionale». La legge, come viene ricordato da più parti, prevede «la clausola di invarianza della spesa», dunque «la convergenza a un livello uniforme di servizi può avvenire solo attraverso una rimodulazione della spesa statale a favore delle Regioni in cui l’offerta di prestazioni è inferiore ai Lep». Solo con la perequazione a favore dei territori più in difficoltà si potrebbe garantire l’uniformità dei servizi, ma i soldi nel provvedimento approvato dal Parlamento non ci sono.
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Senza quei fondi, diverse decine di miliardi, il rischio è che tutto resti com’è e il divario Nord-Sud si cristallizzi. Lo mettono per iscritto anche i tecnici che hanno firmato la memoria della Banca d’Italia: «Se si assumesse che la spesa storica sinora sostenuta dallo Stato in ciascuna regione sia quella implicitamente necessaria a finanziare i Lep, si determinerebbe la “cristallizzazione” degli attuali divari nell’offerta di prestazioni pubbliche sul territorio».
Il discorso sui Lep – sia sulla selezione delle materie che sul contenuto – non è un fatto meramente tecnico: «Le scelte delimitano il perimetro entro il quale la differenziazione delle politiche pubbliche sul territorio è ammissibile e dettano i tempi per l’attivazione delle procedure. È di conseguenza cruciale che i Lep siano individuati in maniera precisa ed esaustiva ed abbiano una specifica declinazione operativa. È inoltre necessaria una riflessione su quali dimensioni, tra quelle non oggetto di Lep ma strumentali ed intrinsecamente legate ad essi, si debbano preservare come uniformi sul territorio».
Bankitalia evidenzia che «gli emendamenti introdotti al Senato hanno apportato miglioramenti al Ddl sull’autonomia differenziata». Ma «in un contesto caratterizzato dalla riattivazione delle regole di bilancio europee (che peraltro assegneranno un ruolo cruciale alla capacità di prevedere e controllare con precisione le dinamiche di medio periodo della spesa) e dal persistere di ampi ritardi in alcune regioni del Paese, le implicazioni dell’attuazione dell’autonomia differenziata non possono che essere valutate con la massima prudenza ed attenzione, considerando in modo esauriente rischi e opportunità». La miscela tra le nuove regole europee e l’autonomia differenziata è esplosiva. Lo dicono i tecnici, con buona pace dell’attacco di Zaia&Co al referendum.