Gelardi, Mancuso, Mattiani, Molinaro e Raso rispondono alle affermazioni del sindaco di Reggio Calabria citando la riforma del Titolo V del 2001. E aggiungono: «Il ddl Calderoli non affamerà il Sud, già affamato dalle politiche dei governi di centrosinistra»
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«Se fosse fascismo, bisognerebbe sottolineare che è un fascismo introdotto nel 2001 dal centrosinistra che, a maggioranza, ha riformato il Titolo V inserendo nella Costituzione l’autonomia differenziata. È un 'dettaglio' che spesso i grilli parlanti della sinistra omettono, nell’illusione, nonostante le tante batoste elettorali, di poter continuare a prendere in giro gli italiani». Rispondono così i consiglieri regionali della Lega - Gelardi, Mancuso, Mattiani, Molinaro e Raso - a quanto affermato dal sindaco di Reggio Calabria riguardo il ddl Calderoli. Falcomatà l'ha definito una riforma che «toglie libertà e diritti ai territori».
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Un'opinione quella del primo cittadino reggino che i consiglieri leghisti ritengono «fuor di senno. Priva di fondamento logico, ancorché politico». «È infatti da decenni - proseguono gli esponenti del Carroccio in Consiglio regionale - che in Italia i divari di sviluppo, di genere e generazionali, non garantiscono i diritti dei cittadini del Sud, ma non ci pare che Falcomatà e compagni abbiamo mai protestato. L’iniziativa della Lega non intende affamare il Sud, già affamato dalle dissennate politiche economiche dei governi nazionali e regionali della sinistra, ma dare corso a una riforma da cui ci attendiamo il superamento dell’Italia a due velocità».
Una riforma che- sostengono - «include il superamento dell’iniquo concetto della spesa storica, l’applicazione e il finanziamento dei Lep e la garanzia che ai cittadini, ovunque risiedano, siano garantiti gli stessi diritti, servizi e opportunità. Che tutto ciò deluda Falcomatà e tutti quelli che tutelano lo status quo, perché il cambiamento mette in discussione il loro operato, richiedendo responsabilità nella gestione della spesa pubblica e obbligandoli a rendere conto ai cittadini, è la dimostrazione - concludono Gelardi, Mancuso, Mattiani, Molinaro e Raso - che la riforma in Parlamento è un’occasione storica che il Paese e il Sud attendono da troppo tempo».