«L'aver trasmesso al Consiglio dei Ministri il disegno di legge in materia di Autonomia differenziata, da parte del ministro delle Regioni, è una grave provocazione al Parlamento e al Paese. Materie così delicate, che incidono in modo diretto sulla vita delle persone e dei territori, non possono essere affrontate con colpi di mano, mortificando istituzioni e luoghi della rappresentanza».

Amalia Bruni, leader dell'opposizione in Consiglio regionale, non usa mezzi termini: «Non siamo animati da pregiudizi politici né ci sentiamo i custodi dell'esistente ma i valori e l'essenza dell'unità nazionale e i dettami costituzionali non sono trattabili. Il punto imprescindibile è quello di garantire a tutti i Cittadini Italiani gli stessi diritti e le stesse opportunità. La premessa deve essere quindi quella di costruire i Lep (Livelli essenziali di prestazioni) su sanità, istruzione, trasporti, apparati amministrativi, ambiente. Fino ad oggi l'offerta dei servizi essenziali non è garantita in modo uniforme a livello nazionale, c'è la necessità di ottenere un riequilibrio per le regioni svantaggiate e prima di tutto per il Mezzogiorno.

«Ci chiediamo quindi come possa essere compatibile tutto questo con una riforma a costo zero, cioè senza un euro di investimento. Ecco che le preoccupazioni che in queste settimane si sono levate da gran parte di sindaci, sindacati, Regioni, forze culturali del Sud sono più che fondate, perché il rischio concreto di questa riforma è quello di dividere il Paese e di aumentare le diseguaglianze tra le regioni».

«Questa non è una riforma come vuole farci intendere il ministro Calderoli - sostiene ancora Bruni - perché le riforme vere devono suggerire una serie di cambiamenti a vantaggio dei cittadini. Invece, siamo in presenza di ben altro. Si tratta di voler mettere molte risorse nelle mani di poche Regioni con conseguenze estremamente negative su tutto il Paese e in particolare nei confronti di milioni di cittadini italiani del Centrosud. Questa proposta, che il Ministro vuol fare approvare con un Dpcm mina di fatto l'unità nazionale. Qui non è in ballo l'attuazione dell'articolo 116, per il quale una regione, in base a delle specifiche condizioni e motivazioni, può chiedere una o più competenze, ma un progetto politico che vuole imporre una sostanziale modifica del funzionamento dell'Italia, nel senso di trasferire alle regioni del Nord enormi poteri su materie fondamentali».

«La Calabria non ha bisogno di differenziarsi ma piuttosto di armonizzarsi al resto delle regioni avanzate per i servizi primari. Con questo disegno Salvini, Calderoli e la Lega - conclude Bruni - hanno gettato definitivamente la maschera, mostrando quelle che sono le vere intenzioni, staccare il Mezzogiorno dal resto d'Italia e abbandonarlo ai suoi problemi. C'è bisogno invece di una grande operazione verità, che superi la spesa storica e che metta al centro la garanzia dei diritti in ogni angolo del Paese. Per queste ragioni ritengo che sia maturo un serio dibattito in Consiglio regionale nel quale ogni consigliere si debba esprimere con un voto alla Mozione che nei prossimi giorni sarà formalizzata».