VIDEO | Il rappresentante del dicastero per gli Affari regionali e le autonomie getta acqua sul fuoco delle polemiche e si dice fiducioso rispetto all’iter parlamentare del Ddl. Contestazioni fuori dalla sala e faccia a faccia con gli attivisti
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«L'autonomia differenziata come un'opportunità e non un mezzo per favorire una secessione mascherata da riforma costituzionale». Il disegno di legge Calderoli è spiegato così a chi manifesta riserve e perplessità in relazione alla possibile sperequazione tra i territori più avanzati e quelli che ancora arrancano.
Il ministro leghista anticipa alla stampa i temi dell’appuntamento che lo ha visto protagonista oggi, al 501 Hotel di Vibo Valentia, con i vertici regionali della Lega, per entrare nel merito del Disegno di legge che presto sarà all’esame delle Camere.
All’esterno dell’albergo, nel frattempo, si assiepa un gruppo di manifestanti che grida alla “Porcata bis”, rievocando la legge elettorale, passata alla storia come “Porcellum”, firmata dallo stesso ministro. Ma non è un caso che Calderoli scelga Vibo Valentia - emblema di un Meridione che, tra sospetti e diffidenze, guarda con maggior sfavore alla sua proposta - per difendere a spada tratta la “sua” riforma e portare avanti quella che definisce «un'operazione verità» che dovrebbe servire a fugare ogni dubbio su possibili spaccature del Paese.
«Chi la vede come un grimaldello per affossare definitivamente il Sud è in torto se non addirittura in malafede», dice il suo ideatore, aggiungendo: «Gap, differenze e sperequazioni sono conseguenze dello Stato centralista e non di un'autonomia che non c'è ancora. Il mio interesse è parificare tutti i territori dal punto di vista infrastrutturale e mettere in condizione ciascuna regione, anche quella più in ritardo, di poter correre. Se corre la Calabria, se corre il Mezzogiorno il primo ad essere avvantaggiato è tutto il Paese».
«Questa riforma - ribadisce - non acuisce le distanze tra regioni. Non esiste che una regione come la Calabria abbia una sanità commissariata da anni e la differenza rispetto alla media pro-capite che riceve ciascun cittadino italiano è di -20 euro».
Rispetto all’iter parlamentare, poi, il ministro si dice sicuro che la maggioranza, e non solo la maggioranza, remerà compatta. «Si sono svolte sessanta audizioni, che sono veramente tante- afferma -. Proprio ieri è iniziata la discussione generale con interventi dei 5 Stelle, del Pd, della sinistra ma anche di Fratelli d'Italia e Lega. I toni del dibattito mi sembrano molto civili e costruttivi. Abbiamo fissato per il 27 giugno la scadenza per gli emendamenti ed allora si inizierà a votare. Però la base di partenza mi sembra molto migliorata rispetto agli slogan e agli scontri bipartisan iniziali».
Resta il nodo su quelle risorse che dovranno garantire pari condizioni di partenza alle ridefinite autonomie regionali. Trovate le quali bisognerà assicurare una spesa coerente e produttiva. Come sostiene il commissario regionale della Lega Francesco Saccomanno: «Il ministro ci spiegherà come verranno reperite le risorse, ma il problema resta sempre quello: avremo amministratori in grado di essere all’altezza del compito o il nostro resterà sempre un Paese a due velocità?».
Fuori i contestatori cercano il faccia a faccia e ci riescono. L’avvocato Daniela Primerano approfitta della pausa sigaretta del ministro e lo affronta incalzandolo: «Non basta la definizione dei Lep, lo abbiamo visto già con i Lea (Livelli essenziali di assistenza) che sono sì stati definiti ma non sono stati mai realmente applicati. Quindi dica dove troverà le risorse e dia garanzie su questo, poi possiamo riparlare di Autonomia differenziata. Senza queste tutele resta solo una vergogna per mezzo della quale si vuole spaccare il Paese».
Dei riflessi sulla sanità parla l’attivista Domenico Cortese: «Se la Calabria ricevesse le stesse risorse pro capite dell’Emilia-Romagna avrebbe ben 700 milioni in più da investire nella sanità. È su questo fronte che servono risposte e garanzie, altrimenti si rischia solo di aumentare le disuguaglianze». L’artista Antonio Montesanti amareggiato aggiunge: «Vuol dire che continueremo ad emigrare anche per i servizi essenziali, per curarci, lavorare, ma anche per fruire dell’offerta culturale. Tutti diritti di cui continueremo a non poter godere perché non ci sono le risorse». Chiude la docente Vittoria Schiavello: «Dico solo una cosa: l’Italia è una e indivisibile e così deve rimanere».