L’ex assessore e attuale presidente dell’Assemblea dem di Vibo Valentia tira le somme di una stagione che vide l’allora governatore essere isolato dalla segreteria nazionale: «Proconsoli venuti in Calabria con il mandato di annientare un’intera classe dirigente»
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Nelle scorse ore, l’ex presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, è stato assolto dall’accusa di peculato. L’ex governatore era stato coinvolto in una indagine della Procura sulla presunta distrazione di fondi pubblici, impiegati per finanziare un talk show - a cui aveva partecipato – a Spoleto. Sulla vicenda è intervenuto il politico vibonese Michele Mirabello, presidente Assemblea provinciale Partito democratico federazione di Vibo Valentia.
«L'ennesima assoluzione del presidente Mario Oliverio, che archivia una pagina giudiziaria controversa- scrive - offre forse l'ultima occasione di riflessione al Partito democratico calabrese, oltre che l'opportunità di rivisitare ed analizzare in maniera appropriata una fase politica, quella della chiusura dell'ultima esperienza del centrosinistra alla guida della Regione Calabria, che si è conclusa in maniera traumatica, con la rimozione e cancellazione di un pezzo importante e non marginale di classe dirigente calabrese e con la dissoluzione dell'apporto di forze, movimenti, gruppi di amministratori, militanti che avevano creduto in quella stagione politica».
A giudizio di Mirabello «l'occasione è dunque propizia non solo per discutere in maniera completa ed esauriente del tema del garantismo e del rapporto fra politica e magistratura, ma lo è soprattutto per rimettere in campo, proprio in questa fase (ri)costituente del Pd, una discussione vera e non ipocrita sulla chiusura di quella stagione, sul rapporto servile e supino con Roma di un Partito per definizione federalista, e conseguentemente sul modo in cui possiamo pensare da qui al prossimo congresso nazionale di recuperare quel pezzo importante e determinante della classe dirigente del Partito democratico che è stata letteralmente esiliata ed estromessa dalla vita democratica del partito, a partire dalla figura di Mario Oliverio».
Secondo l’esponente dem: «L'opera di ricostruzione di cui parla Letta nell'appello alla partecipazione al congresso recentemente recapitato agli iscritti, se non è la solita, già vista e rivista, vuota retorica che anima il Partito Romano da anni, non può infatti prescindere da una seria riflessione su quel che è accaduto in Calabria, sulla dissoluzione di un centrosinistra che aveva vinto le elezioni con il 64% dei voti, sulla cancellazione con un semplice tratto di penna, ad opera di proconsoli venuti in Calabria con il mandato di annientare, (e poi per questa ragione, sulle macerie della Calabria, premiati con un posto al sole, come Stefano Graziano) di storie, capacità, esperienze, intelligenze». Mirabello ricorda: «In quella fase Mario Oliverio fu il primo capro espiatorio, ma il centrosinistra calabrese buttò alle ortiche insieme a quella esperienza ed ad un pezzo importante dei suoi rappresentanti, un vero e proprio patrimonio politico, un lavoro di riforme ed investimenti di cui solo ora si inizia a comprendere la portata, grazie esclusivamente alla totale inconsistenza di un centrodestra che, per la verità totalmente indisturbato, si sta limitando a gestire il potere senza programmare, investire risorse, governare questa terra.
Dunque – si chiede - se la lettera più o meno aperta di Letta, se il suo appello ad aprire il Partito anche ai non iscritti, può avere un senso, quale senso ricercare in un Partito che ancora ad oggi non recupera dalle macerie il ruolo, l'esperienza, la dirittura morale e le competenze di Mario Oliverio?».
Ed ancora: «Se la ricostruzione faticosa di un centrosinistra finalmente competitivo in questa terra non riparte dalla indifferibile necessità di riallacciare quel filo di rapporti, di presenze nelle amministrazioni, di esperienze che tanta parte fu nel 2014, se non rimette in circolo insieme alle giovani generazioni esperienze politiche come quella di Sandro Principe, di Ciccio Sulla, di Peppe Bova, se non riprende contatti e relazioni con figure ed intelligenze che hanno allargato ed animato il centrosinistra come Orlandino Greco, Ciccio D'Agostino, Nino De Gaetano, dico persino Bruno Censore, falcidiati dalla scure giustizialista dei proconsoli partenopei, lesti a sventolare il nulla di voci di corridoio e "si dice" in una drammatica notte del 27 dicembre del 2019, quale possibilità abbiamo di rilanciare e di costruire, qui ed ora, una seria alternativa alla destra imperante ad ogni latitudine?».
In conclusione Mirabello evidenzia: «Un partito che si riorganizza, e che lo fa a partire da questa martoriata Regione, non può prescindere dalla risposta a questi interrogativi e dalla necessità di costruire, attraverso una seria e franca analisi di ciò che è stato, una comunità autonoma e radicata, ricca di esperienze ed entusiasmi, plurale ed inclusiva, in poche sintetiche parole in grado di dialogare con quel che resta del partito romano senza cappello in mano, guardando negli occhi interlocutori ancora asserragliati al Nazzareno, che per la verità, prima di poter anche solo pensare di continuare a dare le carte, hanno tanto da spiegare al Paese ed alla Calabria».