Tutti aspettano le Europee, ormai considerate, a torto o a ragione, lo spartiacque tra due epoche politiche, che vedono i partiti sovranisti e populisti, come Lega e M5s, fare la differenza tra il prima e il dopo.
In Italia si voterà il 26 maggio, ma a parte questo non ci sono molte altre certezze. Di candidature ufficiali, a poco più di due mesi dall’appuntamento elettorale, non ce ne sono, salvo quella di Silvio Berlusconi che non deve chiedere il permesso a nessuno per fare il suo nome.

 

Sondaggi, croce e delizia

I sondaggi sono sempre favorevoli alla Lega, ma come scrive il sito Termometro politico, riportando una rilevazione realizzata dall’istituto Euromedia, il partito di Salvini comincerebbe a dare i primi segnali di logoramento, tirato verso il basso dal calo di consensi ben più preoccupante dei Cinquestelle. Un mezzo sorriso, invece, affiora sul volto dei democrat, che sembrano aver arrestato la caduta, ma soprattutto l’emorragia di voti a favore dei grillini.
In particolare, il sondaggio riferisce come l’indice di gradimento di Matteo Salvini sia sceso per la prima volta sotto quota 50% da quando è al Viminale, attestandosi al 48%. La Lega, con il 33%, resta saldamente il primo partito nelle intenzioni di voto, ma arretra di due punti rispetto al 35% di un mese fa.
In discesa anche il gradimento di Luigi Di Maio, al 28%, e quello del premier Conte, precipitato in una settimana di 5 punti, dal 45% al 40%.
Tendenze che si riflettono sull’apprezzamento degli elettori nei confronti del governo, che in una settimana scende di due gradini, passando dal 40% al 38%. Numeri che ringalluzziscono Berlusconi, sempre più convinto che, alla fine, Salvini sarà costretto a mollare la zavorra pentastellata, rilanciando la coalizione di centrodestra.

 

Un "addio" che costa caro

In attesa che i sondaggi diventino realtà o, come sempre più spesso capita, vengano clamorosamente smentiti dal voto del 26 maggio, le uniche certezze riguardano i soldi che i commissari e i parlamentari europei uscenti incasseranno come buonuscita al termine del loro mandato ormai agli sgoccioli.
A fargli i conti in tasca sono stati Milena Gabbanelli e Luigi Offeddu per il Corriere della Sera. Argomento della settimanale rubrica Data room, infatti, è stata l’indennità di fine mandato, pari a una mensilità per ogni anno di servizio, fino a un massimo di 24 mensilità. Tanti soldi, se si considera che lo stipendio mensile è di 8.757 euro lordi, escluse le indennità che sono altrettanto succose, come i 320 euro per spese di vitto e alloggio per ogni giorno di effettiva permanenza a Bruxelles, Strasburgo o Lussemburgo. A ricevere più di tutti è comunque il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che pesa sul bilancio della Ue per circa 27mila euro mensili lordi, più indennità e benefit assortiti. Al livello la sua buonuscita, che, secondo i calcoli della Gabanelli, sarà pari a circa 324mila euro.

 

A questo giro, complessivamente, le indennità di fine mandato dei parlamentari ammonteranno a circa 20 milioni e 700mila euro, almeno questa è la cifra iscritta a bilancio.
In questo contesto che esalta i privilegi della casta europea, spicca la decisione di Antonio Tajani (FI), attuale presidente del Parlamento ed ex commissario (Trasporti e poi Industria), che nel passare dalla Commissione allo scranno più alto di Strasburgo, rinunciò a una ricchissima indennità di fine mandato pari a 468.000 euro, per dare un segnale di «sobrietà in un momento di grande difficoltà per gli europei». Onore al merito.