Il Decreto Sicurezza «lede in vari punti le competenze delle Regioni»: è questa la motivazione principale per la quale la Regione Calabria ha deciso di impugnare davanti la Corte costituzionale il decreto 113/2018 del governo, convertito con legge 132/2018. E' quanto si legge nella delibera adottata dall'esecutivo lo scorso 10 gennaio e pubblicata oggi sul Bollettino ufficiale. Si unisce quindi ad altre regioni d'Italia - tra cui Umbria, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna - che stanno portando avanti il ricorso alla Consulta. 

 

Il permesso di soggiorno



 In particolare, si legge nella delibera, «l'articolo 1 del Decreto, nei suoi commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9, ha soppresso la nozione di permesso di soggiorno per motivi umanitari prevedendo, in suo luogo, una serie di ipotesi specifiche per la concessione del permesso di soggiorno a migranti non in possesso dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero per il godimento della protezione sussidiaria. Queste ipotesi - rileva la Giunta regionale calabrese - restringono sostanzialmente il campo di applicazione del permesso di soggiorno umanitario e, di conseguenza, interferiscono con l'esercizio delle competenze regionali concorrenti e residuali garantite dell'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione in materia di assistenza sociale, sanitaria, istruzione, formazione, politiche attive del lavoro, in tema di assistenza sociale, scolastica e sanitaria». La soppressione del permesso di soggiorno umanitario «viola una serie di norme costituzionali: l'articolo 10, comma 3, che assicura il cosiddetto asilo costituzionale, l'articolo 117, comma 1, e l'articolo 11, che impongono, rispettivamente, il rispetto degli obblighi internazionali ed europei, in particolare quelli concernenti la tutela dei diritti fondamentali, e gli articoli 2, 3, 31, 32, 34 e 35 Costituzione».

Gli Sprar

Sempre secondo la Giunta regionale calabrese «gli articoli 12 e 13 del Decreto modificano il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, sopprimendo i cosiddetti Sprar istituiti dal decreto legislativo 142/2015, eliminando per i richiedenti asilo il sistema di iscrizione all'anagrafe e prevedendo che i servizi di assistenza si fondino sul domicilio dei richiedenti asilo. Tali disposizioni, di conseguenza, alterano sensibilmente - è scritto nella delibera della Regione Calabria - l'ambito di applicazione e le modalità di esercizio delle competenze regionali in termini di assistenza sociale, di formazione professionale, di istruzione e di tutela della salute». In più la «nuova normativa viola gli obblighi internazionali ed europei in tema di trattamento dei richiedenti asilo e tutela dei diritti fondamentali, quindi, l'articolo 117, comma 1, Costituzione, oltre che gli articoli 2, 3 e 10 Costituzione, oltre che gli articoli 31, 32, 34 e 35 Costituzione». A parere della Giunta regionale, infine, il Decreto Sicurezza aggiunge i «presidi sanitari fra i luoghi rispetto ai quali si possano disporre i provvedimenti di stazionamento e ordini di allontanamento» ma questa disposizione «consente di operare tali divieti e tali ordini anche rispetto a soggetti che necessitino di cure sanitarie, con conseguente violazione delle attribuzioni regionali ai sensi dell'articolo 117 terzo comma Costituzione».