Nel 2016 Donald Trump vinse il collegio elettorale ma non il voto popolare. Nel 2020 ha perso entrambi mentre, oggi, li ha stravinti. Il dato elettorale e statistico sul quale concentrarsi è esattamente questo: è facilmente giustificabile una vittoria nei Grandi Elettori ma non nel voto popolare, anche perché è cosa comunemente nota agli studiosi del sistema elettorale americano che il sistema di voto avvantaggia i repubblicani rispetto ai democratici; dunque, come giustificheranno i democratici la vittoria di Trump anche nel voto popolare? Un aiuto – più per gli analisti che per i democratici – arriva dai dati dei flussi elettorali post voto. Trump ha migliorato la sua performance in tutti gli scenari possibili, oltre che in quasi la totalità delle contee componenti gli Stati Uniti. E, ancora una volta, ha confermato che i sondaggi lo hanno ampiamente sottostimato.

L’aspetto più sorprendente dei guadagni di Trump è la loro uniformità. Il Presidente eletto ha migliorato le sue percentuali fra ispanici, afroamericani, musulmani, cattolici, uomini, donne. Basta prendere i dati di alcune contee per capire come lo spostamento sia stato, significativamente, verso Trump. A Long Island ad esempio, nella contea di Nassau, nello stato di New York, lo spostamento a favore di Trump è stato evidente e ha fatto registrare un significativo miglioramento per il Tycoon. Stati come il New Mexico, con molti ispanici ma relativamente pochi immigrati, hanno oscillato in linea con la media nazionale. Nel frattempo, aree con molti residenti nati all'estero e modeste popolazioni latine, come la contea di Loudoun in Virginia, hanno subito un balzo verso il Tycoon.

Tale dato appare ancora più impressionante nel caso in cui si analizzino i dati di contee in cui molti elettori hanno discendenze in tre Paesi europei fortemente cattolici: Irlanda, Italia e Polonia. L’uscita di scena di Joe Biden, cattolico di origine irlandese e praticante (esattamente con John Fitzgerald Kennedy), potrebbe aver svantaggiato i democratici ma il dato statistico resta invariato: la scarsa attrattiva di Kamala Harris ha fatto il resto. Basti pensare che, in Georgia, uno stato con una alta percentuale di afroamericani, anche qualora gli stessi fossero andati a votare in una percentuale in linea con il 2020, la Vicepresidente avrebbe perso lo stato, con un margine, in termini percentuali, minore rispetto al 2.2% attuale.

A influire sulla scelta sia le condizioni economiche che la politica estera, con un malcontento evidente per il conflitto nella Striscia di Gaza soprattutto nelle contee con molti arabo-americani. Di pari, Trump ha ottenuto risultati insolitamente buoni nelle contee con un’alta prevalenza russa e relativamente scarsi – non del tutto, quindi – in quelle in cui l’ascendenza ucraina è maggiore. Per capire quanto la Harris sia andata male, fra tutte queste categorie di elettori, compresi gli italoamericani, basta confrontare i dati con quelli delle elezioni per il Senato. Molti candidati democratici per la Camera presieduta proprio dalla Vicepresidente, hanno superato in termini di voti e in percentuale la Harris, vincendo seggi in quattro stati vinti da Trump nella sfida per la Casa Bianca: Nevada, Arizona, Wisconsin e Michigan.

Molti elettori, in questi stati, hanno optato per il voto disgiunto o sono stati “only Trump voters”, ossia degli “elettori solo per Trump”, decidendo di votare solo per la presidenza e lasciando in bianco le altre schede. Lampante, in tal senso, è il dato della North Carolina: Trump ha vinto lo stato con circa 200.000 mila voti di vantaggio sulla Harris, il 3.36%; nella sfida per la carica di governatore il democratico Josh Stein ha battuto Mark Robinson di circa 800.000 voti, 14 punti percentuali in più. In termini poveri: oltre il 17% degli elettori ha votato democratico per il governatore e Trump alla Casa Bianca.

La scelta, dunque, degli italoamericani non costituisce un caso eccezionale ma è un dato in linea con uno spostamento verso Trump, più che verso il partito repubblicano in generale. Un dato che appare ancora più impressionante se raffrontato a quello sia del 2016 che del 2020. Per i democratici, la cosa peggiore della sconfitta di Kamala Harris è che Donald Trump tornerà al potere. La seconda cosa peggiore, tuttavia, potrebbe essere la loro incapacità di giustificare la sua vittoria, considerando come i numeri siano totalmente a favore di Trump.