Nel cuore del pontificato la salvezza dell’ultimo: non una Chiesa secolarizzata, ma una Chiesa che parte dall’aldiquà per aprire le porte all’Aldilà
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La Chiesa di Francesco o, meglio, la Chiesa di Gesù rappresentata da Francesco, talvolta, è stata descritta come una Chiesa a vocazione sociale, più attenta all’aldiquà che all’Aldilà. È veramente così oppure, in questo giudizio, si nasconde la difficoltà di comprendere la complessità della semplicità? Molte delle riflessioni, degli Scritti, delle Omelie di Francesco sono state dedicate ad una figura evangelica riguardo alla quale lo stesso Papa scrisse che gli stava particolarmente a cuore, perché aveva un posto speciale nel suo cammino spirituale.
Si tratta di Zaccheo, il pubblicano. Anzi, il capo dei pubblicani di Gerico. Ma chi erano i pubblicani? Erano Giudei che, in qualità di esattori delle tasse, riscuotevano i tributi per conto dei Romani.
La Politica imperiale di Roma, nei confronti dei territori da essa dominati e sfruttati, consisteva nel lasciare una certa libertà religiosa, nell’affidare il governo a un regnante locale che, però, era di fatto un suo legato e nell’esigere una serie di tasse sui terreni, sulle persone, sul sale, sul commercio, sulla casa, sulla pesca e su tutto ciò che era possibile tassare. La riscossione veniva affidata ad appaltatori privati, i quali, oltre a ricevere un compenso, spesso esercitavano la loro funzione con una certa libertà e spietatezza. Di qui, l’odio che ricevevano, in quanto venduti all’oppressore e usurai oltre misura, seppur legittimati da norme, sancite dal potere costituito, che spesso violavano.
Essi erano davvero gli ultimi nella considerazione del popolo, i più disprezzati, nonostante il potere e la ricchezza, acquisita indebitamente. Facile immaginare lo scandalo che suscitava Gesù nel momento in cui affermava che, insieme alle Prostitute, avrebbero preceduto Molti nel Regno dei Cieli! Ritornando a Zaccheo, quando costui, basso di statura, sale su un albero, per guardare Gesù, nascosto tra le fronde, incuriosito e attratto da qualcosa che neanche lui riusciva a definire, il Popolo si aspettava, secondo un’idea di giustizia umana, che Gesù lo scacciasse in malo modo. Zaccheo si aspettava, nella migliore delle ipotesi, che passasse oltre, senza degnarlo di uno sguardo. E, invece, accade l’inaspettato.
Senza chiedergli nulla prima di e senza dargli alcuna spiegazione sul perché, Gesù, il quale legge nel cuore di Zaccheo il suo immenso bisogno di amore, afferma addirittura che “deve fermarsi nella sua casa”. L’Amore di Gesù, non la durezza della Legge e neppure i sofismi della Teologia, induce Zaccheo a restituire il quadruplo ai poveri che aveva frodato, mentre la salvezza entra nel suo cuore e nella sua dimora. E’ la stessa legge romana che prevedeva l’entità del risarcimento per ciò che i Pubblicani avevano estorto oltre il dovuto. Ma è una legge che Gesù non impone a Zaccheo, prima di amarlo. Al contrario, è Zaccheo che liberamente si sottopone ad essa, perché amato incondizionatamente. Se gli effetti della conversione di Zaccheo diventano anche sociali, in quanto alleviano le sofferenze dei poveri, ciò però non costituisce il fine dell’azione di Gesù che resta la salvezza di Zaccheo, per il quale si apre una vita terrena nuova ma soprattutto si aprono le Porte della Vita Eterna.
La centralità della figura di Zaccheo nel Pensiero di papa Francesco basta da sola a fugare ogni dubbio di secolarizzazione come cifra del suo pontificato. Fedele al Maestro, per Francesco, l’aldiquà resta l’ingresso per l’Aldilà, ovvero la fonte ed il fine che lo spingeva, senza relativizzare la Legge, a posare il suo sguardo su ciascun Escluso, talvolta anche dalla Casa di Dio, qualsivoglia fosse, di tale scarto, il motivo.