Il mea culpa sulla tragedia dei due giovanissimi morti per droga, ne amplifica la tragedia stessa. È una responsabilità collettiva di un dramma sociale che va risolto
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Parole diritte, secche, perentorie, toccanti e incisive in diversi passaggi delle dichiarazioni del procuratore di Terni. Un tenore, il suo, definito di grande onestà intellettuale.
Prostrati e in un pieno atteggiamento di condivisione di tale giudizio, il mea culpa sulla tragedia dei due ragazzi morti per droga, ne amplifica la tragedia, tanto da avvertire su di noi una bruciante responsabilità morale.
In questi giorni, di attesa degli esami tossicologici, si è invocato un cambio di rotta, una repentina trasformazione del sistema culturale.
Il contesto sociale è esattamente quello che in 50 anni abbiamo consentito si consolidasse, e che inevitabilmenteha concesso alla droga e allo sballo di divenire sempre più appetibil, -con l’effetto nefasto di colonizzare spazi vuoti dentro ragazzini introversi e irraggiungibili dalle modalità comunicative degli adulti, afflitti da problemi seri, serissimi, importanti, dei quali la società civile si è disinteressata per troppo tempo, questa l’amara e sprezzante verità.
Eppure sarebbe semplice scaricare tutto su una famiglia indifesa che da sola non è riuscita a proteggere i propri figli.
È pur vero chegli adolescenti tendono ad omologarsi agli altri per insicurezza, per essere accettati dal gruppo e quindi per sentirsi meno soli, spesso per curiosità, ricerca di nuove forme di piacere, per poi divenire vera dipendenza.
Secondo gli amici di Flavio e Gianluca la sostanza che i due ragazzi pensavano di aver bevuto, era quella utilizzata dai loro idoli musicali, nei video postati su YouTube.
Abbiamo concesso libertà spropositate,autorizzando condivisioni di video in rete in cui rapper inneggiano alla morte mentre si drogano.
Noi adulti avremmo dovuto interrogarci se stessimo correndo un rischio grave, monetizzando tutto, quello di inviare il messaggio che ai figli bisogna assicurare un benessere materiale, purtroppo in assenza di capacità critiche dei minori si sarebbe presto alterato in una ricerca spasmodica della via d’accessoalla popolarità, al consenso sociale, all’arricchimento facile.
E sì, abbiamo lasciato che tutto questo fosse visibile ad occhio nudo ai minorenni, ancora incapaci per natura di discernere il giusto dall’ingiusto, il bene dal male.
La responsabilità di questa tragedia è una responsabilità collettiva di un dramma sociale che va risolto, al più presto.
Allora il compito arduo,tocca agli adulti, genitori e non,alla scuola, la fatica di offrire ai giovani un ambiente protettivo e ricco di stimoli, così da favorire il ricorso a comportamenti che permettano di raggiungere gli stessi obiettivi positivi per una crescita senza rischi per la salute.
La scuola quale agenzia educativa principale, dovrebbe liberarsi da quel senso di imposizione e di rigidità che ancora contraddistingue alcune ore di lezione, per divenire palestra di vita, in grado di trasmettere più fiducia ai ragazzi, così come la famiglia ma spesso incapace da sola e molto debole a causa dell’affermazione di un fenomeno definito “tarda adolescenza”, in cui la genitorialità tarda ad arrivare ad un suo adeguato processo di sviluppo.
Ma per fortuna, esistono anche organizzazioni non lucrative che sostengono ed informano i ragazzi su tutte le tipologie di rischio connesse, operandocostantemente sulla via della prevenzione, sforzandosi di operare in sinergia con tutti gli enti competenti.
Il signor Procuratore di Terni, fa bene ad addossarci una responsabilità dalle dimensioni collettiva e smisurate, ma questo riguarda le Istituzioni tutte, non solo l’autorità giudiziaria, ultimo anello di un corso degli eventi, giunti all’inesorabile fase finale e quindi sanzionatrice dei reati.