Questioni annose come l’ubicazione del nuovo ospedale di Cosenza rimangono insolute per l’evidente inadeguatezza della politica di interpretare le istanze della comunità
Tutti gli articoli di Opinioni
PHOTO
È da tempo che non si registrano posizioni politiche univoche chiare e ufficiali da parte dei partiti politici di respiro nazionale su questioni fondamentali per lo sviluppo della nostra provincia e della nostra area urbana. Per fare giusto qualche esempio, nessuna posizione partitica ufficiale è stata presa rispetto all’esiguità dei fondi del PNNR stanziati per la Calabria a cominciare da quelli destinati all’alta velocità ferroviaria piuttosto che alla ristrutturazione della 106 jonica.
Se poi restringiamo il campo all’area urbana cosentina, non mi pare si registrino posizioni univoche dei partiti sulle annose questioni dell’ubicazione del nuovo ospedale, della metro leggera, sullo svincolo autostradale di Settimo, sulla fondamentale opera del ponte di congiunzione tra viale Principe e viale Mancini ecc. A proposito dell’ubicazione del nuovo Ospedale, ci chiediamo per esempio se Pd e FI di Rende abbiano la stessa posizione del PD e FI di Cosenza.
Parafrasando il titolo dell’ultimo libro di Paride Leporace sulla figura di Giacomo Mancini a 20 anni dalla sua scomparsa, mi pare che manchi “Un Avvocato del Sud”. Aggiungerei che manca anche un partito per il Sud, in quanto gli attuali partiti nazionali dimostrano di occuparsi poco delle questioni relative al meridione.
Mi chiedo da anni quale sia il ruolo svolto dai partiti politici nazionali sui territori e quali siano le istanze e gli interessi delle comunità territoriali locali che essi sono in grado di rappresentare. Mi chiedo, inoltre, quali valori di destra, di sinistra e di centro i partiti e gli schieramenti politici attuali riescano a tradurre in effettive politiche di sviluppo per i territori e quale sia la funzione che esercitano effettivamente i partiti nella selezione in senso meritocratico delle classi dirigenti locali. La risposta che viene da darmi a tutte queste domande è sempre la stessa: nessuna!
Molte persone continuano a credere nel ruolo fondamentale dei partiti nazionali rimanendo ancorati ad una visione nostalgica della politica, ma la realtà è diversa. La composizione politica dei governi, non soltanto di quelli nazionali, che si sono succeduti in questi anni è la prova provata di questa mutata realtà. Al di là delle dichiarazioni di intenti, oggi i partiti sono delle entità che hanno poco di democratico e ancor meno di ideologico in quanto sono controllati da ristrette oligarchie e quindi finiscono per rappresentare esclusivamente gli interessi di queste oligarchie influenzando a monte, attraverso le liste bloccate previste dall’attuale sistema elettorale, la formazione delle assemblee parlamentari di Camera e Senato, dei Consigli Regionali e indirettamente dei Consigli Provinciali e comunali.
Si finisce così per eleggere un esercito di “Cortigiani” che non hanno alcun interesse a rappresentare le istanze che provengono dai territori, ma solo ad ingraziarsi le ristrette oligarchie che controllano i partiti e quindi la composizione delle liste elettorali. «L’elettore è come se soffiasse a se stesso: ma le elezioni sono affar loro». Da qui la crescente, inarrestabile e plebiscitaria astensione dal voto che da tempo si registra nel nostro sistema democratico.
Di fatto siamo di fronte ad una crisi profonda del sistema politico democratico italiano che si trova in mezzo al guado tra un tentativo di riforma costituzionale in senso presidenziale e un ritorno al sistema elettorale proporzionale e alle maggioranze parlamentari che appaiono più consone alla nostra architettura costituzionale.
Nell’attesa di un auspicabile ritorno al sistema elettorale proporzionale che con il tempo rimetterebbe apposto parte delle storture democratiche di cui abbiamo parlato, sarebbe auspicabile la nascita di un partito locale autonomo che affronti le istanze e gli interessi del nostro territorio in modo deciso e risoluto. Ci vorrebbe coraggio, spirito di sacrificio, volontà intellettuale e la consapevolezza che non muovendo un dito non ci rimarrebbe che il solito lamento meridionale.
Sempre a proposito della collocazione del nuovo ospedale, qualcuno in questi giorni si è cimentato nell’arduo compito di interrogarsi su cosa Giacomo Mancini avrebbe fatto ai nostri giorni; personalmente non mi avventurerei in una così difficile ed empirica valutazione, tuttavia mi piace pensare che Mancini avrebbe voluto due ospedali per l’area urbana cosentina, uno nell’area universitaria di Arcavacata destinato alla ricerca e alla cura dei pazienti che in prospettiva possa servire anche la nascente facoltà di medicina, l’altro quello esistente, la gloriosa Annunziata, che potrebbe essere reindirizzata alla prevenzione e alla riabilitazione. Sempre che si voglia investire seriamente nella sanità pubblica.
Del resto a Catanzaro non convivono da tempo due ospedali: il Pugliese-Ciaccio e il Mater Domini?