Il 20 e 21 settembre prossimo si svolgerà la consultazione il cui quesito recita così:

«Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicatnella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?».

Le formulazione dei quesiti referendari in Italia, è triste dirlo, non si smentiscono mai. Sono sempre in linea con quesiti incomprensibili e forvianti che si sono susseguiti nel corso degli anni. Mi chiedo ogni volta che leggo un quesito referendario se veramente l’istituto nobile del referendum abbia ancora senso nel nostro Paese o se sia tristemente diventato uno strumento inutile e svuotato del suo nobile significato.

Capisco che è senz’altro vero che una parte della nostra classe politica lascia molto a desiderare, ma è anche vero che non è riducendone il numero che, automaticamente, si innalzerà il loro livello qualitativo.

 

Io voterò convintamente No e ne illustro le ragioni.

 

Rappresentanza dei territori

Il rischio di territori sotto-rappresentati sarebbe veramente concreto. Infatti, in percentuale diminuendo di 345 unità il numero degli eletti il nostro Paese avrebbe un deputato ogni 151.000 abitanti la proporzione più bassa in Europa cosi, con questa analisi, sfatiamo subito la prima bugia sul fatto che in Italia ci siano più parlamentari che nel resto dell’Europa.

Esiste poi un problema che riguarda la rappresentanza. Se vincesse il Sì, l’Italia diventerebbe il Paese all’interno dell’Unione Europea con il minor numero di deputati in rapporto alla popolazione: 0,7 ogni 100.000 abitanti, meno ancora della Spagna che attualmente ne ha 0,8 ogni 100.000 abitanti. La nostra situazione attuale (1 ogni 100.000) non è diversa da quella di altri paesi, anzi, siamo in linea con i “migliori”. In Francia e Germania, per dire, il rapporto è 0,9.

Con il taglio, al Senato, i collegi uninominali avranno una dimensione media superiore agli 800.000 elettori, alla Camera di oltre 400.000. Facile previsione: in campagna elettorale ci si concentrerà sulle aree densamente abitate, evitando di perdere tempo e risorse nelle zone meno popolose. Inoltre alcune regioni saranno fortemente penalizzate: Basilicata e Umbria perderanno oltre la metà (60 per cento) dei senatori. In genere, saranno penalizzate le regioni medio-piccole (Trentino Alto Adige, Friuli, Liguria, Marche, Abruzzo, Calabria, Sardegna).

Legge elettorale

La totale assenza di dibattito sulla riforma elettorale che dovrebbe andare di pari passo alla riforma della riduzione dei parlamentari che andremo a votare il 20 e 21 Settembre prossimo mi lascia basita ed il silenzio su questa riforma è a dir poco imbarazzante. L’assenza di una riforma di sistema elettorale creerebbe una grave alterazione. Infatti, esisterebbe il reale problema, non secondario come più volte detto, della rappresentanza territoriale.

Ovviamente  questo problema esiste se viviamo ancora in un Paese con principi democratici se invece il nostro Paese ha preso una deriva  autoritaria è inutile stare a discutere sulla democrazia, rappresentanza, costi della politica e del tipo di sistema elettorale da  scegliere.

Bicameralismo perfetto

La modifica del numero dei parlamentari oltre ad alterare il rapporto tra eletti ed elettori, cosa non secondaria diciamocelo, finirebbe con creare distorsioni al bicameralismo paritario. Bicameralismo, tanto per dire, previsto in Costituzione che può essere modificato solo ricorrendo a una “correzione” della Carta Costituzionale con procedura rafforzata dei quattro passaggi previsti dall’articolo 138 della Costituzione.

Elezioni del presidente della Repubblica

Altra “cosetta” non proprio di poco conto sarebbe l’elezione del nostro Presidente della Repubblica. La riduzione del numero dei parlamentari che partecipano all’elezione del Presidente della Repubblica provocherebbe un peso “maggiore” dei consiglieri regionali. Ma, soprattutto, una maggiore polarizzazione dello scontro politico. Con il rischio concreto che la maggioranza di turno, di volta in volta, “imponga il suo Capo dello Stato” che invece deve essere simbolo dell’unità della nostra Nazione.

Costi della politica

Arriviamo ai famosi e famigerati costi della politica.

Non si può risparmiare sulle istituzioni e sulla rappresentanza democratica. Non scherziamo sulle cose serie. E sono ben altri i “carrozzoni” e i costi che pesano sulle casse statali. Ne potrei fare un lungo elenco ma non voglio tediarvi.

Veramente irrisori sono i cosiddetti “risparmi” che un’operazione del genere comporterebbe che riguarderebbe solo gli eletti, ma non la macchina per far funzionare il parlamento.

Se i risparmi sono risibili ed esiste il problema della rappresentanza, almeno possiamo sperare che questo dibattito sui taglio avvii un processo che snellisca e velocizzi le procedure all’interno delle Camere ?

 

Io credo, sommessamente, che  questo referendum sia una mancia, un bonus da furbetti dell’antipolitica visti i risparmi irrisori e la demagogia tanta. Credo anche che lottare per vivere in un Paese moderno, democratico, liberale, fatto di provvedimenti governativi e riforme che si basino sulle vere esigenze del Paese e non sulla emotività, sui luoghi comuni  e sulla demagogia sia  un dovere morale.