L'eclettico governatore della Campania è stato protagonista di un altro dei suoi recenti spettacoli di cabaret. Questa volta il suo show è stato incentrato in materia di sanità e di servizi sociali
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Vincenzo De Luca, l’eclettico governatore - o forse imperatore - della Campania, di recente ha inscenato un altro dei suoi estemporanei spettacoli di cabaret e questa è una buona notizia per il teatro italiano, perché “don Vicienzo” possiede un senso del ritmo della battuta ed un “buffo naturale” degno del Felice Sciosciammocca di Edoardo Scarpetta e per questo non può che suscitare rispetto ed ammirazione.
Questo ennesimo show di De Luca è invece una pessima notizia per la situazione della politica nazionale e regionale in materia di sanità e di servizi sociali in genere, perché i contenuti di questo show sono quanto di peggio si possa immaginare in fatto di coerenza politica, o anche solo semplicemente logica, di modestia personale - e certo questa non è una novità – ma soprattutto di corrispondenza alla realtà.
Vincenzo De Luca è infatti intervenuto sulla questione della probabile chiusura dei punti nascita di Sapri e Polla per spiegarci che la logica del ministero della sanità, quella cioè di chiudere tutti i punti nascita con un numero di parti inferiori ai cosiddetti “parametri nazionali”, è giusta perché, a suo dire, se fai pochi parti non hai la “professionalità” per affrontare le “emergenze”. Beh, certo, di fronte all’emergenza meglio non avere ospedali che averne di “scarsa professionalità”, peraltro assai presunta. Vincenzo De Luca ha poi aggiunto che la lotta contro la chiusura dei punti nascita di Sapri e Polla è…“demagogia”…sì, lui, l’uomo delle fritture di pesce elettorali.
Non si sa da quando “don Vicienzo” sia diventato un esperto di “professionalità medica”, argomento sul quale in realtà è una capra esattamente come chi scrive, si vuole inoltre sorvolare, per carità di Patria, sul fatto che per anni abbia reclamato a gran voce il merito di avere chiesto la deroga alla chiusura dei suddetti punti nascita e si vuole sorvolare, infine, anche sul fatto che le “cattive pratiche”, che De Luca, per puro pregiudizio, vuole associate agli ospedali al di sotto dei “parametri”, siano invece all’ordine del giorno negli ospedali con i “parametri” a posto.
Non ci chiederemo quindi a cosa sia dovuta queste specie di folgorazione sulla via di Damasco sulla “filosofia” ministeriale in materia di punti nascita, né perché questa “filosofia” aziendale, diventata “salvifica” dal suo punto di vista, si debba applicare a Sapri ed a Polla ma non ad Ariano Irpino o a Sarno, tanto per portare qualche esempio.
A dire il vero su questo De Luca, folgorato sulla via di Ariano Irpino e di Sarno, una risposta ce l’ha data: «Ho privilegiato i rapporti umani che sono riuscito ad instaurare sul territorio», ha dichiarato di recente. Il che, in soldoni, significa che, anche in era post-moderna, essere “amici degli amici” - e segnatamente amici di Vincenzo De Luca - come ai tempi del vecchio regime democristiano o negli anni del CAF è meglio.
Ma il punto non è questo, perché “don Vicienzo” non è il primo uomo politico italiano a parlare di cose che non conosce, né sarà l’ultimo.
Quello che è sostanziale e sconcertante invece è il successo che, da mezzo secolo a questa parte, ha la malsana idea che un ospedale o un reparto maternità siano qualcosa di assimilabile ad una fabbrica di frigoriferi o di radiatori caloriferi. E qui davvero non c’è differenza tra prima e seconda repubblica. Nel 1978 non era nemmeno stata emanata la legge di riforma sanitaria che Ciriaco De Mita subito si affrettava a dichiarare che la sanità italiana aveva bisogno di un “bagno di mercato”. Più tardi abbiamo avuto un ministro della sanità liberale e medico che ha avuto il coraggio di affermare che la “produttività” di un ospedale, qualunque cosa significhi, risiede nel numero di ospedalizzazioni (sic). In questa triste galleria De Luca arriva quindi solo buon ultimo e con un minimo di talento teatrale in più.
Perché dunque una concezione così demenziale della sanità continua ad avere un tale successo? È l’onda lunga dell’ubriacatura ideologica post 1989? Ma la caduta del Muro di Berlino non dovrebbe essere storicamente archiviata? Non si sta forse esagerando, a destra come a “sinistra”, nell’idea, segreta ma non tanto, che le cose possono funzionare solo se basate su un’ideologia imprenditoriale?
Sia come sia, questo argomento travalica di molto i confini di Sapri, di Polla e della stessa intera Campania ed è forse ora che le soggettività nascoste che si oppongono a questa politica di distruzione sistematica dei servizi sociali - e ce ne sono - lo facciano a livello nazionale, non più solo in nome del principio della tutela della salute e dell’occupazione ma “capovolgendo”, o quanto meno non accettando più come una fatalità, lo scempio logico, culturale, politico e sociale della natività “aziendale” alla De Luca prima che sia troppo tardi.