Sia che un Sindaco sia condannato in primo grado o assolto la legge Severino resta ed è una legge anticostituzionale.

La legge Severino, entrata in vigore nel novembre del 2012 durante il Governo del prof Mario Monti, stabilisce la sospensione dall’incarico di un amministratore pubblico, su richiesta del Prefetto e del Ministero dell’interno, per un periodo di diciotto mesi per i condannati, anche solo in primo grado, per reati come corruzione, concussione, abuso d’ufficio, peculato. In particolare per quanto riguarda la sospensione ha valore retroattivo e prevede, anche a nomina avvenuta regolarmente, la sospensione di una carica comunale, regionale e parlamentare se la condanna avviene dopo la nomina del soggetto in questione. Per coloro che sono in carica basta anche una condanna non definitiva per l'attuazione della sospensione che può durare per un massimo di 18 mesi.

La sospensione può durare al massimo diciotto mesi. Il sindaco viene "congelato", ma la giunta non cade e resta in carica retta dal vicesindaco. I sindaci “congelati” potranno opporsi facendo ricorso al Tar affinché ribalti la decisione del prefetto ed eventualmente chiedere di sollevare una questione di costituzionalità. Ed ecco il punto che porta a ritenere che sia chiaramente una legge anticostituzionale. La nostra Carta fondamentale prevede la presunzione di innocenza o di non colpevolezza (come meglio si crede) fino a condanna definitiva.

Come si può conciliare questo principio cardine della Nostra Costituzione sospendendo un sindaco già in primo grado considerandolo già colpevole? Incomprensibile come si sia potuto fare una legge del genere, incomprensibile come non si agisca e si dichiari palesemente anticostituzionale una legge che non rende giustizia, se questo si cerca, a chi persegue la corruzione e gli abusi nelle amministrazioni pubbliche.

Invero, la Corte Costituzionale, ha già fornito una risposta, affermando che la sospensione di un Sindaco sarebbe legittima, in quanto si tratterebbe non di una sanzione personale contro chi sia stato eletto, ma del semplice venir meno di un requisito voluto dalla legge per candidarsi, e cioè l’assenza di condanne di un certo tipo. Non si può non notare in questo ragionamento una certa dose di ipocrisia intellettuale, cercando di far passare l’idea – alla quale sono certa non credano neppure gli stessi giudici costituzionali – secondo cui venir sospesi dalla carica di sindaco o di assessore non abbia valenza di sanzione personale per chi a quella carica sia stato regolarmente eletto. Inoltre, la decisione della Corte non tiene assolutamente conto di come dopo una condanna irrogata soltanto nel primo grado di giudizio non siamo in presenza di una condanna definitiva e di come, con questa Legge, si siano di fatto aboliti i tre gradi di giudizio, la Corte di Cassazione e la presunzione di innocenza. Cose non di poco conto direi.

Spero che la Consulta venga sempre di più sommersa di ricorsi e che decida nel verso di una irrinunciabile razionalità giuridica.