C’era una volta Italia ’90, Messico ’86, c’erano i campioni, quelli veri, eroi del popolo, capaci di muovere la fantasia di milioni di persone, e di fare sognare i bambini che, un tempo, andavano a dormire con il pallone. Adesso il calcio si è messo il turbante degli arabi, ed è diventato solo un business, ed anche brutto da vedere. Bisognerebbe salvare il calcio. Questo sport, giocato in queste condizioni, ha perso ogni sua poesia ed è diventato uno schema che si ripete, infinito, monotono con passaggi orizzontali che annientano ogni giocata fantasiosa e mettono alla prova la noia degli spettatori più coraggiosi.

Le squadre sono delle multinazionali di giocatori che non si conoscono e che non conoscono spesso neanche le squadre in cui giocano, per loro giocare nell’Al-Ittihād, o nel Manchester United è diventata la stessa cosa, basta che vengono pagati. Sedotti dai soldi arabi, il calcio ha perso per strada George Best, Ryan Giggs, i giocatori moderni sono atleticamente forti, ma tecnicamente medi; sono le action figure: sanno fare solo due, tre movimenti, e li fanno bene solo per qualche stagione.

La velocità con cui si gioca è stucchevole, senza senso e confonde i Direttori Sportivi, che sono così incompetenti, che fanno il mercato dopo aver consultato solo le statistiche. Nella schematicità del calcio di oggi, non c’è un giocatore davvero superiore, sono tutti uguali, anche esteticamente si somigliano, anzi somigliano più a dei rapper che a degli sportivi. Nella staticità generale, poi, di colpo, arriva la nuova promessa del calcio mondiale, solitamente da qualche posto esotico, segna un po' di goal; arriva la squadra tossica di premeier league e lo compra pagandolo cifre spropositate. Poi il calciatore, dopo un anno o due, sparisce.

Il Chelsea attualmente ha una rosa di 42 giocatori, tutti strapagati, tutti inutili, così inutili che penso che neanche i tifosi se li ricordano. La grande promessa del calcio inglese, Dele Alli, è finito addirittura nel Como, in Arabia si confrontano, strapagati, ex promesse, ormai diventati anche ex calciatori che giocano ai ritmi dei tornei aziendali.

Ci siamo dimenticati le opere d’arte di Maradona, di Roberto Baggio, di Del Piero, la nazionale italiana è un deserto di mediocrità, non ha un mezzo campione, ma tanti bravi calciatori. Bravi ragazzi, ma che negli anni 90 avrebbero, probabilmente, anche fatto fatica a trovare spazio in serie B. Il secondo goal preso in Nation League contro la Germania è il manifesto del calcio italiano moderno. Anche le reti sono state snaturate, appena un giocatore segna, si ferma e fissa il vuoto; deve aspettare che circa 12 persone si mettono a guardare 5 schermi, da innumerevoli angolazioni, per verificare se un piede è un millimetro avanti o dietro, e sbagliano esattamente come gli arbitri quando arbitravano da soli, il Var è infatti inutile.

E cosa dire delle 50 partite che si giocano ogni anno? La qualità delle manifestazioni sportive è stata sacrificata sull’altare delle piattaforme di streaming che guadagnano cifre spaventose con uno sport che dovrebbe essere popolare, ma che non lo è più. Pasolini diceva che “il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”, ma oggi non penso che direbbe le stesse cose, ed inorridirebbe a sentire idiozie come “la pirateria uccide il calcio”.

Pure lo Stato si è lasciato anche abbindolare da questa buffonata, tanto che si investono cifre spaventose, si mettono in campo ingenti forze di polizia postale, per vedere se l’operaio di Metaponto non ha pagato l’abbonamento a DAZN. Le scuole cadono a pezzi, e noi ci preoccupiamo se qualcuno paga un abbonamento di qualche euro: pura follia predatoria. Ma la pirateria non uccide il calcio, il calcio viene ucciso dalle troppe partite, dai procuratori che fanno la cresta su ogni telefonata, da manifestazioni inutili come la UEFA Nation League, dalle pause nazionali, dagli allenatori che copiano Guardiola, senza però avere Xavi, Messi ed Iniesta in squadra. Il calcio moderno, giocato così, è lo specchio della società automatica, senza passione, è il trionfo della monotonia sulla passione per lo sport.