Molti stentano a capirlo: se sono globali economia e società, perché non dovrebbe esserlo la politica? Multilateralisti in vantaggio con Trump
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Conte e Fratoianni hanno fatto saltare il già debole campo largo. Ed hanno utilizzato la questione Rai certo importante di per sé, ma troppo poco per decidere di mettere in discussione un progetto politico più ampio o addirittura di rilevanza strategica. La verità politica è un’altra ed è più profonda: la Sinistra e i 5Stelle hanno capito che la battaglia principale è persa, che l’America di Trump si sposterà verso il multilateralismo, che Macron ha deviato l’asse politico verso destra, che i socialdemocratici tedeschi sono in crisi, che due terzi del mondo non condividono le politiche di Biden, Israeliani compresi.
Conte e Fratoianni hanno intuito, per restare alle dinamiche nazionali, che Giorgia Meloni ha avuto successo ed ha portato a casa due vittorie da ko: la nomina di Fitto a vice presidente vicario della Commissione Ue, trainata dal leader del gruppo Ppe Manfred Weber; l’accoglienza trionfale in Usa perorata da Elon Musk, iper capitalista fra i primi tre più ricchi al mondo, detentore di tecnologie avveniristiche, ma multilateralista filo-Trump. Giorgia Meloni si è rafforzata (sebbene abbia il problema non secondario di rafforzare le classi dirigenti di Fdi ad ogni livello e sia chiamata ad avere enorme senso di responsabilità), e quindi 5Stelle e Sinistra rivedono i propri programmi politici.
Renzi, forse per la prima volta essendo egli un tattico di radici machiavelliche, è rimasto con il cerino in mano di un mai nato “campo largo” che peraltro neanche lo amava tanto. È diventato, l’ex sindaco di Firenze, un’altra buona scusa per un Conte che ha ambizioni da leader e non ha nessuna intenzione di farsi guidare dal Pd e dalla Schlein. Né, ad onor del vero, la Schlein, per quanto determinata, è il cattolico Romano Prodi. Se l’analisi politica la si fa senza tifare e senza i paraocchi, si comprende bene che l’idea di società che ha la Schlein non è maggioritaria in Italia, ma nettamente minoritaria, quasi di nicchia. Era maggioritario, invece, il patrimonio di valori incarnato da Romano Prodi, figlio di un’Emilia Romagna patria dell’ex Pci ma anche del cattolicesimo militante e democratico, dello stato sociale che funzionava, dei diritti dei lavoratori e al lavoro.
Conte, peraltro, ha un altro grosso problema: non può apparire uomo di potere disposto ad ogni compromesso, perché sa che nel popolo dei 5Stelle potrebbero nascere cose nuove. L’elettorato dei 5Stelle è “rivoluzionario” per definizione e non ne vuole sapere di concetti borghesi quali “stabilità”, “responsabilità”, “cultura di governo”. I grillini pretendono cambiamenti economico-sociali forti, perché esprimono disagio. La Sinistra, mai unita in Italia dai tempi di Marx ed Engels, ha già un’ottima percentuale in saccoccia e potrebbe presto guardare alla doppia cifra erodendo consensi nella porzione più eurocomunista e socialista del Pd. La Schlein dovrebbe ascoltare di più la Cgil, come nel caso del no alle visioni novecentesche dell’ex Fiat, e pensare, nell’immediato, non ad una rapida alternativa alla Meloni, ma a costruire un’opposizione forte e coerente.
La stampa amica mira ora a demolire le scelte di Conte e Fratoianni come connesse a pura gestione del potere. Però lo stesso Corrado Formigli, certo non un uomo di destra e attento ragionatore, nell’ultima puntata di “Piazza Pulita” su La7 ha affermato: «L’opposizione si spacca e il campo largo è sempre più un’illusione». Analisi analoghe ha maturato Antonio Padellaro in alcune recentissime uscite televisive. Gli analisti si rendono conto che il “campo largo” è morto e sepolto.
Infine ritorno su un concetto espresso ieri e che riguarda la politica internazionale. Ancora molti stentano a capirlo: se l’economia e gli stili di vita sono ormai globali, perché non dovrebbe esserlo la politica? Io prevedo, dopo le elezioni del 5 novembre in Usa, con la vittoria di Trump, la progressiva divisione del mondo non più tra destra e sinistra, ma fra multilateralisti (Usa di Trump, Israele, Russia, Cina, India, Iran, molti Paesi Arabi, Brasile, Sudafrica, ecc.) e unilateralisti convinti che gli Usa possano consolidarsi come unica potenza mondiale (democratici statunitensi, ampi settori del mondo anglosassone in Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Canada…). Il dispiegamento di forze e di numeri è troppo a vantaggio dell’opzione multilateralista. Le tragedie ucraina e mediorientale sono sullo stesso tavolo di trattative, complesso e articolato, ma complessivo. Solo Trump, in questo momento, ha i mezzi e la libertà per intervenire in modo risolutivo, ma ripeto, con ottica multilateralista. Intanto si potrà allenare, nel campo avverso, la tenace e solida Michelle Obama.
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L’Europa è appesa, memore di un ruolo che non ha più, con Orbán e Meloni che avranno dei vantaggi competitivi (e questo Conte lo sa). Se Orbán e Meloni, intervenendo anche sulla Le Pen, sapranno spezzare il miope asse Francia-Germania e recuperare Macron nella partita di un’Europa che deve immediatamente riformarsi, ascoltando Mario Draghi, segneranno punti vincenti. Manfred Weber, presidente del Ppe nella Ue, lo ha percepito e per questa ragione ha difeso Giorgia Meloni nella contesa su Fitto vice commissario vicario. Weber sa che i socialdemocratici tedeschi sono in crisi fortissima e che Alternative für Deutschland sta volando nelle urne.
I popoli sono stanchi e pretendono cambiamenti: prenderli in giro con giochi e giochetti alimenterà solo le opposizioni più radicali. Ora occorre la pace, che verrà firmata da Trump: ai deboli e disorganizzati si chiederanno dei passetti indietro e dei sacrifici (palestinesi, ucraini…), mentre i grandi troveranno un nuovo (stabile o instabile?) equilibrio come accadde dopo la Seconda Guerra Mondiale. Io spero che questo scenario si possa concretizzare, per il trionfo pur ambiguo della pace e dei valori umani, e perché siamo più vicini che mai alla Terza Guerra Mondiale!