Un testo rimasto nel cuore di tutti ma che non può essere compreso da chi non sogna più nulla, ad esempio la premier o la candidata della Lega in Toscana che l’ha bollata come «marxista» quasi se fosse un insulto
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Giorgia Meloni in una intervista a La7 ha recentemente dichiarato che Imagine di John Lennon non è una canzone che la “appassioni” troppo, anzi la considera “un inno all’omologazione mondialista”, perché dice “che non ci siano le religioni, che non ci siano le nazioni”, mentre per lei “l’identità è un valore”. Ma c’è chi sull’argomento è andato giù ancora più pesante, ad esempio Susanna Ceccardi, candidata della Lega alle regionali in Toscana, che ha definito il brano un “inno marxista”.
Beh, che male c’è? Tutti i gusti sono gusti, si dirà.
Ma siamo sicuri che si tratti solo di gusti? La risposta viene dalla stessa Giorgia Meloni, la quale ha aggiunto che la canzone è “bellissima”… se non si conosce l’inglese, il che significa che non è in discussione la bellezza della canzone ma la qualità del suo messaggio fondamentale.
Bene, come prima cosa, ci sono allora alcune cose da spiegare alle due gentili signore.
Alla signora Meloni va detto che l’espressione “omologazione mondialista” non significa assolutamente nulla ed alla signora Ceccardi, ma non solo a lei purtroppo, che “marxista” non è un insulto ma un complimento, in questo caso perfino meritato.
L’omologazione infatti non appartiene ad un non meglio precisato “mondialismo” ma alla globalizzazione capitalista, che da Los Angeles a Pechino a Tokyo impone lo stesso tipo di merce, questa sì priva di identità, per cui perfino i divi della musica pop sono diventati indistinguibili gli uni dagli altri.
D’altronde quello che la signora Meloni chiama “mondialismo” e che non le garba è probabilmente l’internazionalismo, quello che un tempo faceva dire ad anarchici, comunisti e socialisti che, quale che sia la propria identità nazionale, la “patria”, cioè l’insieme dei “padri”, è unica per tutto il genere umano, che il mondo si divide in sfruttati e sfruttatori e che “patria” è l’insieme degli sfruttati, a qualsiasi nazione appartengano.
Imagine è certamente una canzone internazionalista ed è logico che a Giorgia Meloni non piaccia. Infatti, per quante prese di distanza possa avere formalmente operato dalla sua formazione fascista, lei, a nome del suo partito, della Patria, con la maiuscola si capisce, ma nel senso più becero del termine, ha fatto un cavallo di battaglia, anzi, con l’autonomia differenziata, ha perfino scoperto le “piccole patrie” che nella Jugoslavia fine Novecento hanno dato tragico senso di sé stesse.
Quanto alla “identità”, che per Giorgia Meloni è un “valore”, beh, è difficile dire quale sia la sua e quella del suo partito. Dato per buono che non sia più quella fascista, al di là della demagogia spicciola, che parla sempre alla pancia del Paese, non resta molto. E’ una identità “nazionale”? Sono personalmente sufficientemente vecchio per ricordare che il MSI – Destra Nazionale, ex partito di Giorgia Meloni, chiamava “giovani nazionali” i suoi squadristi. E’ una identità semplicemente “italiana”? Sì, ma di quale Italia? Quella di Mussolini o quella di Gobetti?
A rendere Imagine indigesta a Giorgia Meloni ci sono però altri motivi non dichiarati.
La canzone invitava ad immaginare un mondo di uomini liberi ed uguali. John Lennon in Imagine riprendeva lo slogan della “immaginazione al potere” lanciato dagli studenti francesi nel maggio 1968, usando il verbo “immaginare” per portare gli ascoltatori su un terreno molto concreto: “Immagina che non ci siano paesi, / non è difficile. / Niente per cui uccidere o morire / e nessuna religione anche. / (…) / Immagina che non ci siano possessi. / Mi chiedo se tu ne sia capace. / Nessun bisogno di avidità o di rabbia. / Una fratellanza di uomini. / Immagina tutta la gente / che condivide tutto il mondo. / Tu puoi dire che sono un sognatore, / ma non sono l’unico. / Io spero che un giorno tu ti unirai a noi / ed il mondo sarà uno”.
Alle domande sul significato della canzone Lennon all’epoca rispose: “La parola ‘sognatore’ non ha niente a che vedere con il vecchio modo di intendere i sogni. In ‘Imagine’ il sognatore è l’uomo che spera, non l’uomo che si illude. Io parlo di immaginazione, non di fantasia. ‘Imagine’ è il mio modo di mettermi di fronte alle cose della vita. Sono un sognatore che non vuole dormire”.
Una canzone del genere non può piacere a Giorgia Meloni, che invece non solo dorme politicamente e culturalmente ma, come la maggioranza della gente, non sogna più niente.
Per la generazione dei giovani degli anni Sessanta, invece, l’utopia anarchica, comunista e libertaria delineata dalle parole di Imagine fu uno specchio dei suoi ideali migliori.
Imagine arrivava dopo la sconfitta storica di quegli ideali, ma ne restituiva al mondo il significato più autentico.
Con il passare degli anni questa semplice canzone sarebbe rimasta nel cuore collettivo del mondo, superando ogni limite di tempo e di spazio, per quanto radicata nello spirito del tempo in cui fu scritta.
Imagine era la passione gentile di un grande “sognatore” che non si era arreso alla vittoria della repressione politica sulle utopie dei movimenti giovanili del Sessantotto e che non aveva abbandonato il fuoco sacro della rivoluzione culturale, morale, politica, poetica ed umana, anche quando si sarebbe potuto considerare il più “arrivato” e soddisfatto musicista del mondo. Fu un messaggio laico offerto alla pace, alla speranza, al futuro. La sua forza espressiva derivava dal contrasto tra il tono dolce della richiesta di valori e la qualità di questi valori, che ad una analisi più attenta risultavano enormi, capaci di cambiare la faccia del mondo.
Alcuni critici “militanti” di sinistra trovarono un elemento di contraddizione nel fatto che Lennon, uno degli uomini più ricchi del mondo, invitasse ad immaginare “no possessions” (“nessun possesso”), ma in questo discorso era implicito il moralismo di chi riteneva più importante il denaro guadagnato da un artista, che comunque non sfruttava nessuno, piuttosto che il suo grado di collaborazione con l’establishment.
Allo stesso modo i moralisti religiosi si sentirono offesi dalla negazione della religione contenuta nel testo della canzone.
In realtà il discorso di John Lennon era molto chiaro e del tutto coerente. John era un laico che invitava la gente a costruire il Paradiso sulla terra. La sua idea era che, ricchi o poveri, tutti potevano essere sognatori e che i sognatori, tutti insieme, potevano realizzare qualsiasi cosa. Un mondo migliore, a suo parere, era sempre possibile e tutti potevano contribuire alla rivoluzione delle coscienze individuali.
Giorgia Meloni, povera donna, queste cose non le può capire, ma le anime belle di quella che si fregia abusivamente della definizione di “sinistra”, che magari si commuovono ascoltando Imagine, quel “nessun possesso”, che è il “nocciolo duro” della canzone, lo comprendono davvero o lo considerano solo una innocente licenza poetica?