La Regione Calabria con la Legge di stabilità ha stravolto l'intero impianto del procedimento di formazione degli atti di imposizione dei tributi. Norma passata nel silenzio generale. È giusto che i contribuenti paghino le tesse, ma non vanno di certo vessati
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Ciò che sto per raccontarvi potrebbe apparire, ai più, come un fatto marginale e di scarsissimo interesse. Tuttavia, agli addetti ai lavori non sfuggirà l'importanza cruciale della vicenda, sia sotto il profilo politico che sotto quello strettamente giuridico. Parliamo infatti di una questione che, oltre a rappresentare un vulnus al nostro ordinamento giuridico, potrebbe avere conseguenze significative per le già precarie finanze della Calabria.
I fatti
La notte del 27 dicembre 2023, il Consiglio regionale della Calabria approva la Legge di Stabilità Regionale 2024, la Legge n. 56/2023. Tra le sue disposizioni si cela una norma che definire dirompente dal punto di vista giuridico è quasi un eufemismo: mi riferisco all’articolo 6, intitolato “Disposizioni sulla riscossione in materia di tassa automobilistica e tassa di concessione regionale”. Tale articolo costa di un unico comma che, testualmente, recita: “Nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia tributaria, in relazione alla tassa automobilistica e alle tasse di concessione regionale, le sanzioni per omissione, totale o parziale, ovvero per ritardato pagamento possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, unitamente alla richiesta di pagamento della somma dovuta a titolo di tributo senza previa contestazione”. In poche parole, con la citata norma si stravolgeva l'intero impianto del procedimento di formazione degli atti di imposizione tributaria, prevedendo che per l’iscrizione a ruolo delle richieste di pagamento delle somme dovute dal contribuente a titolo di tassa automobilistica o concessione regionale e delle relative sanzioni - per omissione, totale o parziale, ovvero per ritardato pagamento – non occorre più la preventiva contestazione, non è più necessaria la notifica dell’avviso di accertamento, ovverosia dell’atto impositivo. Una disposizione, questa, che è passata sotto un silenzio pressoché generale: sembra essere sfuggita ai consiglieri regionali – compresi quelli di minoranza – che l’hanno approvata senza sollevare obiezioni, così come pare essere passata inosservata al Governo, che non ha ritenuto di impugnarla nonostante, a mio avviso e non solo, violi palesemente il riparto delle competenze tra Stato e Regioni sancito dalla Costituzione.
Ed è qui che emerge la gravità della situazione. La norma, pur proclamandosi rispettosa dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia tributaria, li calpesta tutti senza esitazione. Tra i principi fondamentali del diritto tributario figura, infatti, quello secondo cui l’irrogazione delle sanzioni e la riscossione di tributi devono essere precedute da un’adeguata fase di accertamento, che consenta al contribuente, eventualmente, di difendersi e di far valere le proprie ragioni.
Cosa fa invece la Regione Calabria? Sopprime d’imperio questa fase fondamentale, passando direttamente alla riscossione coattiva. Un meccanismo che, così ragionando, avrebbe potuto essere spinto ancora oltre prevedendo il pignoramento immediato senza alcuna preventiva intimazione: una vera e propria deriva feudale, da “Marchese del Grillo” della riscossione tributaria.
Un’ulteriore beffa: la retroattività
Se pensate che le irregolarità si fermino qui, vi sbagliate. La norma è stata applicata (verosimilmente sulla base di una concertazione tra Regione Calabria e Agenzia per le Entrate Riscossione SpA) con effetto retroattivo, in palese violazione dell’art. 11 comma 1 delle Preleggi (“disposizioni sulla legge in generale o disposizioni preliminari al codice civile”), il quale stabilisce: “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” e dell’art. 3 comma 1 della Statuto del Contribuente (L. 212/2000) a mente del quale: “le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”.
E così, ecco fioccare una valanga di cartelle di pagamento relative a bolli auto e concessioni regionali riferiti a periodi antecedenti al 27 dicembre 2023 (data di pubblicazione della Legge n. 56/2023 nel B.U. Calabria al n. 279), non precedute dalla notifica di alcun atto di accertamento, cartelle che hanno indotto diversi contribuenti ad approfondire l’argomento ricorrendo a professionisti in materia.
Tra i pochi legali che hanno preso a cuore il caso, spicca l’avvocato Giuseppe De Vita di Tropea, esperto della materia tributaria, che, per una questione di diritto, ha deciso di sposare la questione impugnando una di queste cartelle dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria. La decisione della Corte era prevedibile: accoglimento del ricorso giudiziario e sonora censura nei confronti della Regione e dell’agente della riscossione. La Corte ha richiamato principi cardine del diritto tributario e dello Statuto del Contribuente ed ha concluso per l’illegittimità del procedimento di riscossione in ragione della palese violazione del principio di irretroattività.
La Corte ha dato priorità, alla ragione più liquida, ossia all’eccezione di nullità della cartella impugnata per omessa notifica dell’avviso di accertamento, mentre non si è intrattenuta sugli aspetti Costituzionali che rimangono in piedi e che la Regione Calabria farebbe bene ad affrontare.
Le conseguenze politiche e giuridiche
Questa sentenza, oltre ad avere potenziali effetti dirompenti sui già fragili equilibri finanziari della Regione Calabria, costituisce un monito politico di grande rilevanza poiché denuncia, senza mezzi termini, troppa superficialità, per non dire altro, nella trattazione di temi delicati in ragione della loro capacità di incidere immediatamente nella quotidianità dei calabresi.
I contribuenti devono pagare le tasse, questo è indiscutibile, ma è altrettanto indiscutibile che non possano essere vessati, trattati come sudditi e privati delle tutele fondamentali garantite dallo Stato di diritto.