Le lancette dell’orologio della stazione centrale dei treni segnano le 23:00 mentre il treno entra nel binario 15.

Accanto ai binari, dietro la linea gialla, alcune persone discutono tra loro, altre sedute su fredde panchine in marmo comunicano con il cellulare, altre, ancora, ascoltano con gli occhi sospesi un po’ di musica o qualche voce dimenticata.
Il tempo corre e le lancette segnano le 23:15 ma per Otto è come se tutto questo non esistesse.
Nel sottopassaggio che unisce i vari binari, tra passi veloci e sguardi feroci, si consuma una famiglia; il legame di due fratelli, Otto e Nicolas, di due nati senza madre.
Otto con un paio di scarpe marroni, dure e bucate, dorme due o tre ore a notte. Mentre, Nicolas tra cartoni e coperte corte respira il resto della notte in attesa del giorno.

«Per strada è difficile dormire. Qui, in stazione, vai in bagno, ti lavi il viso, mangi, hai una bevanda calda, un muro su cui poggiarti. Una casa. Il mio desiderio? Tu chiedi se ho un desiderio? Vivere tranquillo e ricominciare a lavorare. Mai dire mai, perché non si sa mai». Il suo motto: mai smettere di sognare.

È tardi. Le porte del treno si chiudono mentre Otto in dormiveglia sogna, piange, parla, pensa e infine, forse, dimentica.