Anche se la Consulta non ne ha dichiarato l’incostituzionalità, ha smontato la riforma Calderoli pezzo per pezzo dimostrando che norme scritte di fretta e senza logica oltre a essere dannose sono anche deboli
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Piaccia o no, la Corte Costituzionale è la migliore garanzia contro le stratosferiche incongruenze di quei pasticcioni dei nostri legislatori. Certo, la Consulta non ha dichiarato incostituzionale la legge Calderoli sull’autonomia differenziata come auspicava l’opposizione. Ma l’ha smontata, l’ha messa fortemente in discussione. Ed ecco un bel problema per la Lega, tanto che il delicato ministro Salvini ha immediatamente minacciato la Meloni sul premierato qualora si dovesse affossare l’autonomia differenziata. Si è registrato un certo sollievo negli alleati forzisti, ma ora emergono forti dubbi negli uffici legislativi, con il timore che tutto finisca come la vicenda Albania. Un costo esorbitante per le povere casse dello Stato. Un provvedimento delirante che nessuno ha capito e nessuno dalle parti del Governo ha saputo spiegare.
Ma il Governo deve avere un problema serio con la scrittura delle leggi, se è vero com’è vero che il Decreto sulla cannabis è stato bocciato, il Decreto Albania è stato bocciato, il Decreto sulla carne coltivata anch’esso bocciato. E ora l’autonomia differenziata è da rifare.
Il fatto è che le leggi fatte in fretta e senza logica e sostanza, ma solo per dire d’averle approvate, risultano sempre inutili, anzi dannose, e al primo vaglio di costituzionalità o conformità con le superiori norme europee, vengono cancellate. L’ultimo episodio del regionalismo differenziato di fatto conteneva una forma di autodistruzione dell’unità del Paese. Come avevano detto decine di costituzionalisti e studiosi, come avevano più volte affermato i vescovi italiani scesi direttamente in campo in difesa dell’unità della nazione. Ovviamente la Corte costituzionale ha preso atto che i rischi erano e restano altissimi e ha smontato la legge pezzo per pezzo, accogliendo in larghissima parte i ricorsi di 4 regioni italiane. Hai voglia di urlare, con il consueto garbo salviniano, che i giudici sono «zecche rosse». I giudici costituzionali si sono trovati davanti a una legge impresentabile, para-secessionista, anti-costituzionale. Ed è vero che tutto comincia con la Riforma del Titolo V della Costituzione approvata dal centrosinistra su forte spinta di D’Alema. Ma quella fu una riforma sbagliata, che ha fatto danni enormi. Ma non era assolutamente incostituzionale.
Tocca ora al Parlamento decidere cosa fare. Sperando che sotto minaccia del killer dei governi, sempre lui, Salvini, non si faccia un nuovo pastrocchio.
Piuttosto imparino a scrivere una legge, e rileggano per bene la nostra Costituzione. Perché qualche problema ce l’hanno se vengono bocciati da ogni corte. Altro che complotto per come denunciato da un finissimo giurista marziano dal nome Elon Musk.
Ben sapendo che non può esistere un’Italia di serie A e una di serie B. E soprattutto che le diseguaglianze vanno colmate, non ingigantite. Il Sud non può essere condannato ad essere sempre più Sud, mentre il Nord viene lasciato prosperare indisturbato. Facendo un errore clamoroso: perché l’Italia si salva solo se unita e forte. Mezza Italia, pur se ricca, rimane sempre una metà, e tale verrebbe destinata a pesare in Europa.
Studiate, cari legislatori, e poi tornate nuovamente a legiferare.