Sono passati pochi giorni dall’American scream. Un urlo, sì, americano — con cui vogliamo metaforicamente intendere l’introduzione dei dazi da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
La proclamazione di queste misure ha provocato un vero sconquasso a livello globale: le borse crollano, si rialzano, poi crollano di nuovo. Gli Stati colpiti pensano a come rispondere, il mercato mondiale ne risente e c’è chi prospetta una vera e propria guerra commerciale.

È forse ancora presto per capire con precisione quali saranno le conseguenze di queste misure. Ma una cosa è certa: si è trattato di un urlo, nel senso più brutale del termine. Una proclamazione violenta, teatrale, arrogante- uno show di tracotanza. Ed è altrettanto certo che questo gesto ha aperto una fase di forte incertezza che infrange l’American Dream, inteso come possibilità per ciascuno di esplicare le proprie capacità garantendo eguali condizioni di partenza; dunque, in senso progressista e promosse da ogni Stato del welfare.

Il concetto di American dream sorge negli Stati Uniti, è teorizzato da James Truslow Adams nel suo libro del 1931 The Epic of America (L'Epica dell'America) secondo cui chiunque, indipendentemente dalle proprie origini o dal proprio status sociale, può avere successo in America attraverso il duro lavoro e la determinazione. Tale concetto si è poi ulteriormente evoluto, slegandosi dalla sola terra degli Stati Uniti, per affermarsi come idea per cui ognuno può raggiungere il benessere.

Certo, l’American Dream può essere inteso sia in senso conservatore che progressista e di sinistra. Nel primo caso la ricerca della propria fortuna si radica nell’idea che l’individuo deve fare affidamento solo sulle proprie capacità per "farcela" e che sia il migliore a prevalere. Un concetto che si allinea perfettamente con l’idea di competizione e libertà di mercato senza interferenze statali. Al contrario, una visione progressista dell'American Dream è più focalizzata sulle pari opportunità. In questa visione, il sogno americano non è solo il risultato del duro lavoro, ma anche della possibilità di accedere a risorse e opportunità per chiunque, indipendentemente dalle proprie origini. L'idea è che l'accesso a istruzione, salute, e servizi pubblici debba essere garantito affinché ciascuno possa sviluppare il proprio potenziale. In questo senso uno Stato che garantisca il welfare garantisce anche la possibilità concreta che ognuno realizzi il proprio sogno intervenendo sulle diseguaglianze iniziali.

Ma l’urlo trumpiano prospetta un’epoca di recessione o comunque di tensioni. In queste condizioni per gli Stati diviene sempre più difficile realizzare quell’idea, teorizzata in America, che il benessere può essere accessibile a tutti, e così le diseguaglianze sociali aumentano. Insomma, l’urlo violento di Trump può diventare l’urlo disperato per milioni di persone perché, se il futuro è grigio, sognare diventa più difficile.