Oggi come ieri, la libertà va difesa: contro l’autoritarismo digitale, la mercificazione dell’esistenza e la svuotata democrazia del consenso. Celebrare la Liberazione significa resistere anche alle nuove forme di oppressione
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Oggi si festeggia il 25 aprile, il giorno della liberazione dal nazifascismo. Questa data, mentre il mondo sta lentamente sprofondando in una prigione digitale mascherata da democrazia, deve assumere, ora più che in passato, un valore di ribellione ancora più forte. Le date sono importanti, vanno sempre difese perché rappresentano dei momenti in cui il valore simbolico di un momento raggiunge il suo apice massimo.
Il 25 aprile va festeggiato, va ricordato e, soprattutto, va rispettato anche da coloro che non si sentono rappresentati dalla Resistenza, ma che solo grazie ad essa sono liberi di esprimere le proprie opinioni. Ma proprio nel giorno in cui celebriamo la Liberazione e l’immenso coraggio di chi ha scelto di resistere all’oppressione, dobbiamo chiederci cosa significhi oggi essere davvero liberi, e soprattutto che significato politico e simbolico abbiano oggi le democrazie.
Svuotata da opportunità, welfare e diritti, la democrazia si sta trasformando in un esperimento illiberale, in cui le varie forze politiche fungono da cinghia di trasmissione tra le élite finanziarie, i padroni del web ed il popolo.
Da anni vengono imposte, tramite un uso propagandistico della informazione, forme di repressione ed austerità sempre più stringenti che stanno riducendo le funzioni dello Stato ad una macchina capace solo di eseguire e mettere barriere invalicabili. In nome della sicurezza e delle emergenze si sta instaurando un regime super autoritario che sta cancellando i diritti e marginalizzando la maggior parte dei cittadini, per questo, in giornate come quella odierna, bisogna, oltre che festeggiare, essere capaci anche di andare oltre le ipocrisie.
Il regime odierno non grida ordini, non impone con la forza: anestetizza le coscienze e terrorizza verso il futuro. Esso ha trasformato la libertà in un prodotto, la ribellione in una posa, il pensiero critico in rumore di fondo. E mentre la neolingua edulcora ogni parola, e il bispensiero confonde ciò che è giusto con ciò che conviene alle élite, la dittatura del mercato ha ridotto la volontà di libertà a un brand, a uno slogan da vendere tra una pubblicità e l’altra.
Inoltre, vedere Mattarella celebrare in grande stile la Liberazione, solo qualche settimana dopo aver firmato i decreti sicurezza mi fa un po' riflettere sulla strada senza uscita che ha preso la nostra democrazia. I decreti sicurezza, le telecamere in ogni angolo, la tracciabilità del denaro e delle abitudini dei cittadini, rappresentano la negazione estrema dei valori della Resistenza, perché danno un potere infinito alle varie forze di repressione, e permettono una schedatura ancora più pervasiva ed anticostituzionale delle abitudini dei cittadini italiani.
Ogni decisione che viene spacciata come sicurezza, infatti, non ha nessuna altra funzione se non quella di reprimere sul nascere ogni forma di opposizione vera, quella opposizione capace di rimescolare i rapporti di forza che stanno incessantemente trasferendo ricchezze e risorse verso l’alto. L’unica opposizione che il sistema autoritario rende possibile è quella che, una volta al governo, prenderà le stesse decisioni della attuale maggioranza.
Affermare di essere antifascisti è semplice, anche la Meloni lo ha detto, essere contro i principi autoritari delle democrazie moderne, ovvero essere contro i dogmi della emergenza permanente e del mercato al di sopra di tutto, sta diventando sempre più difficile. Non si può urlare di essere antifascisti nelle manifestazioni, e nelle sedi istituzionali sostenere la guerra o dare il proprio appoggio ad Israele nel suo genocidio, non si può affermare di difendere i valori della Resistenza e permettere alla Germania di riarmarsi, non si può dire di difendere la propria Patria e genuflettersi a Trump garantendo di non tassare i giganti del web.
Anche se il nuovo autoritarismo non indossa più la divisa nera né marcia al passo dell’oca, il sistema neoliberale finanziario prima, e l’autocrazia digitale dopo, hanno saputo insinuarsi in ogni sede istituzionale, manipolando le varie forze politiche ed indirizzando le risorse dello Stato nelle loro tasche.
Affermare i valori della Resistenza oggi significa rifiutare le derive autoritarie della nostra società digitale, significa essere contro il riarmo, contro il sistema che mette scuola, conoscenza e ricerca agli ultimi posti, contro le piattaforme che lasciano alle persone, come speranza ultima, solo la mercificazione della propria esistenza attraverso la quale sono le piattaforme stesse che si arricchiscono all’infinito.
Il futuro può essere ancora scritto, ma lo si può fare solo abbattendo il pilota automatico evocato da Draghi, lo si può solo fare agendo considerando la libertà di ogni individuo come valore assoluto e fondante di una comunità, l’unico capace di restituire allo Stato la propria sovranità sul potere economico e finanziario.