Hanno passato anni a scrivere appelli, esposti e denunce a tutte le istituzioni possibili e immaginabili affinché venisse bonificato dagli oltre 3mila metri quadri di amianto, il quadrilatero compreso tra via Ugo Spirito, via Caruso e via Sprovieri.
Poi, i residenti del lotto di via Popilia conosciuto come “ex ferrovecchio” si sono costituiti in comitato con la speranza di aumentare il loro peso specifico dinnanzi alle istituzioni preposte. Di denunce, esposti e richieste ne hanno fatte a quintali ma sono sempre andati a sbattere contro un muro di gomma malgrado l’evidentissimo pericolo per la salute pubblica rappresentato dai manufatti in amianto.
Ancora oggi, dopo anni di denunce pubbliche inascoltate, nessuno ha mosso un dito.
Dei rivestimenti in eternit ci eravamo già occupati quando titolare della delega all’Inquinamento ambientale era l’ineffabile assessore Hauser (che ebbe poi la sventura di incappare, insieme al compagno Corrado Clini, in una brutta storia di tangenti per bonifiche ambientali e che i cosentini ricordano, senza troppi rimpianti, per avere inaugurato un canile) e già allora avevamo potuto appurare che il Comune, oltre alla solita formuletta burocratica che lo vedeva impegnato a “supportare e agevolare” il censimento del temibile minerale, non aveva fatto niente di rilevante. O perlomeno non quanto sarebbe stato necessario per affrontare un pericolo grave e imminente alla salute pubblica.
Sono passati altri anni, sono aumentati gli allarmi, gli esposti dei comitati si sono moltiplicati, è cambiato l’assessore competente -oggi è Carmine Vizza - ma nessuno si è ancora adoperato per rimuovere quella che non è più neanche solo una minaccia: è un fattore di rischio reale e temibilissimo com’è testimoniato dall’elevatissima incidenza di patologie tumorali registrata nel quadrilatero di via Popilia.
Ci chiediamo cosa ancora aspetti il Comune per intervenire ed eliminare definitivamente il problema.
Nell'attesa che ciò venga fatto con l'urgenza dal caso, reputiamo giusto manifestare tutta la nostra amarezza per la sciagurata condotta delle istituzioni e degli enti preposti alla tutela della salute pubblica che hanno consentito che l’amianto si deteriorasse (aumentando quindi di molto la sua pericolosità) senza muovere un dito e nonostante fossero perfettamente al corrente dei rischi derivanti dall'esposizione prolungata alla fibra cancerogena.
Ciò dimostra quanto ancora ci sia da fare per dare piena attuazione alle normative che disciplinano la sorveglianza sanitaria ed epidemiologica dei manufatti in amianto.
Adesso è necessario agire nella piena consapevolezza dei rischi cui sono sottoposti gli abitanti della zona e predisporre immediatamente un piano di bonifiche ambientali e riqualificazione urbana iniziando a recuperare le risorse economiche necessarie agli interventi di messa in sicurezza e smaltimento del materiale inquinante.
Se non sarà data una risposta in tempi rapidi saremo costretti ad interessare del caso l'autorità giudiziaria.

PSE