Elio D'Alessandro torna sulla mancata nomina a sub commissario di Maurizio Bortoletti: «I manager arrivano il martedì e vanno via il giovedì. La nostra terra solo un trampolino di lancio»
Tutti gli articoli di Note stampa
PHOTO
«Sono le linee di azione che sono mancate, al di là delle tautologiche affermazioni di principio, su cui siamo tutti d’accordo. Si tratta di praticarle nel quotidiano». Così si legge in una nota diffusa dal responsabile Sanità della Lega, Elio D'Alessandro che intanto ritorna sulla vicenda del mancato insediamento in qualità di sub commissario di Maurizio Bortoletti. «Il colonnello Bortoletti da Giletti lo aveva raccontato, e il caso Salerno era ed è la copia conforme della situazione che viviamo in Calabria».
«Lo dico in premessa. Ben prima di conoscerlo direttamente, e prima che venisse eletto il nuovo governatore Occhiuto, avevo iniziato a proporre il colonnello Bortoletti – al posto di generali, prefetti, pensionati - quale “cura” della “malattia” che ha trascinato la nostra amata terra nel baratro sanitario che conosciamo e che è stato recentemente descritto addirittura dalla Corte Costituzionale».
«Lo dicevo, non a caso, ma sulla base delle cose fatte a Salerno, dove sono state risolutive per superare problemi identici, sovrapponibili a quelli che viviamo quotidianamente qui in Calabria - prosegue D'Alessandro -. Per questo, è la prima cosa che abbiamo detto a Salvini, per il primo Consiglio dei Ministri. In Calabria ci serve la messa in pratica di queste tre modalità d’azione, di queste tre parole. E i burocrati che hanno ostacolato una decisione del governo Draghi e l’arrivo di Bortoletti, sollevando prima delle risibili obiezioni, poi smontate dal ragioniere generale dello Stato, e poi inventandosi un emendamento per rendere impossibile ciò che era possibile, possono mettersi il cuore in pace. Il dream team, uso parole di Sergio Pelaia, sarà così completato. Tutto ciò ampiamente anticipatomi dal mio amico monsignor Francesco Savino Arcivescovo di Cassano all’Jonio e da poco nominato da Papa Francesco vicepresidente per l’Italia Meridionale della Conferenza Episcopale Italiana e che da anni si batte per il terzo settore. Francesco, come lo chiamo io, mi diceva: ”Elio vedrai che uno come il colonnello Bortoletti non lo faranno arrivare mai in Calabria”. Il programma e le cose da fare, partendo dall’emergenza urgenza che è al primo posto nella programma sanitario della Lega in Calabria, ci sono già.
Le hanno scritte la Corte dei Conti, nelle Relazioni in occasione degli annuali Giudizi di parifica, poi la Corte Costituzionale nella sentenza 168 del 24 giugno 2021, infine le hanno sistematizzate e messe in ordine, con le relative soluzioni, il duo Bortoletti-Occhiuto nella Relazione al Tavolo adduce del 13 dicembre scorso. Dove, senza critica verso alcune gioiose manifestazioni, c’era già scritto che il quasi totale azzeramento della mobilità passiva nel 2020 e nel 2021 avrebbe determinato un apparente avanzo di gestione, senza che la situazione della sanità calabrese fosse cambiata: quindi, soldi di cassa in più, salvo debitoria da accertare e bilanci da approvare o da chiudere, ma “sistema” pronto a rirendere a generare perdite nel 2022, in assenza di interventi strutturali.
Ma, senza lavorare insieme non si trovano soluzioni sostenibili. Si trovano spot, si riesce a intervenire a macchia di leopardo, ma manca una visione di sistema dove tutti, tranne i contestatori per partito preso, si possano ritrovare. Insieme non vuol dire che nomina me quale consulente. A noi spettano solo incarichi politici. Insieme vuol dire tutti i competenti insieme esclusi coloro che speculano o che fanno politica sulla sanità».
E ancora: «Insieme è l’unica strada per individuare come far arrivare alla vecchina a 500 euro al mese di pensione le “belle” idee, che altrimenti restano mere enunciazioni di principio, come ha sottolineato qualche giorno fa il presidente emerito prof. Cassese: uno Stato che fa le leggi. Lavorare insieme genera poi la fiducia e la alimenta, se ognuno sa che quando subisce un comportamento disdicevole da qualche struttura sanitaria, non uno sgarro, non una ripicca, ma un episodio di sanità non adeguata, verranno avviati accertamenti. Non sono normali le cose che viviamo e alle quali assistiamo, e ogni calabrese può raccontare un viaggio della speranza o un episodio di malasanità. Attenzione: nessuna caccia alle streghe, fare sanità in strutture fatiscenti, senza mezzi e senza risorse non è facile. Ma ad ogni cittadino devono essere garantite risposte quando subisce qualcosa che non va. Non possiamo delegare questo ruolo a striscia lanotizia, a Giletti, a Report, alle Iene, ad alcuni politici calabresi dispensatori di promesse di convenzioni o di ruoli apicali nella varie strutture sanitarie o a chi volete voi.
La fiducia non si alimenta in questo modo. Dall’altra parte fiducia vuol dire rispetto reciproco: la sanità privata serve, anzi aggiungo è indispensabile, chi investe in sanità privata deve trovare come imprenditore una giusta remunerazione, ma senza che prevalga la legge del più furbo o del più forte sulla forza della legge. Fiducia vuol dire che io ti contrattualizzo dopo una gara trasparente e non perché hai padrino o madrina il politico di turno. Ti controllo regolarmente e ti pago. E si potrebbe continuare su che cosa vuol dire fiducia, ma vi rimando alle cose fatte da Bortoletti a Salerno.
Responsabilità, infine, quale garanzia delle altre due. Chi parla invece di fare, chi scrive invece di fare, chi si gira dall’altra parte invece di intervenire, chi spera gli vada bene come è accaduto per chi lo ha preceduto non può sostenere l’azione di miglioramento necessaria, che richiede il cambiamento. Tutto qui, molto semplice. Esercitare la propria responsabilità è il punto di partenza per cambiare. Un’ultima postilla, che mi ha colpito nei 20 giorni trascorsi dal colonnello Bortoletti in Calabria e, poi, nelle chiacchierate successive avuti con Maurizio: lui si divertiva, e faceva divertire, sempre con il sorriso. Glielo chiesi, di fronte alle denunce, alle minacce, agli attacchi subiti, e ora di fronte alla estrema gravità della situazione della sanità calabrese. Sorridendo, mi ha detto che è impossibile fare qualcosa di significativo nella vita, senza divertirsi e che divertirsi significa innanzitutto essere in pace con se stessi, cioè non avere altro interesse personale, familiare, matrimoniale, amicale, imprenditoriale, se non quello di fare bene ciò che si deve fare.
Chi viene qua sarà pure bravo, ma nelle migliore delle ipotesi arriva il martedì e va via il giovedì. Il venerdì si è gia scordato i problemi dei calabresi, tanto poi ci penserà la prossima settimana. Tutti bravi o quasi ma vengono solo in Calabria nella maggior parte delle volte per fare panchina in attesa di trovare piazzamenti più prestigiosi, una specie di ammortizzatore sociale. Manager ben pagati e affiancati da chi vive giorno dopo giorno tra la gente e assorbe i drammi quotidiani, anche di venerdì, sabato e domenica!
Chi cambierà la sanità in Calabria è chi conosce i problemi dei senza voce e da chi se ne occupato politicamente da sempre senza lucro elettorale. In sanità non si improvvisa né tanto meno si affronta come una delle tante cose da fare altrimenti si verrà trascinati da un abbraccio mortale. Bisogna vivere la sofferenza come bisogno egocentrico. Si può cambiare la sanità in Calabria , come ho sempre dichiarato nei miei articoli e interventi politici ,se si agisce per egoismo.
Voglio cambiare la sanità per salvaguardare me stesso e la mia famiglia - conclude -. Non voglio avere l’angoscia che se ad un mio familiare o a me prende un ictus, un infarto o un trauma violento, la famosa “Golden Hour”, va a farsi benedire perché non arriva l’ambulanza o perché i pronto soccorsi sono affollati come vespai. Ma il mio egoismo coincide con i bisogni di tutti i calabresi. Penso ci divertiremo».