*di Andrea Tripodi, sindaco di San Ferdinando

Indossano i panni della solidarietà e della premura sociale e hanno parole morbide, suadenti, carezzevoli. Sono i samaritani della pandemia, di recente conversione e le eterne sirene dallo sguardo languido e dal canto melodioso.

Sono i tanti gatti e le tante volpi che, privi di un mestiere ben preciso, sono però dotati di lungo pelo sullo stomaco e ricorrono alle furbizie dei saltimbanchi per ritagliarsi il loro misero spazio di visibilità.

Sono le donne e gli uomini di patronati e associazioni, enti e comitati, cresciuti rapidamente e che si muovono con vitalità e destrezza in questa nuova geografia del bisogno e delle fragilità create dalla pandemia e dalla emergenza sanitaria.

Sono presenti sui social, promettono aiuti, sostegno alimentare, vicinanza relazionale e hanno il sorriso degli angeli con i cuoricini sempre palpitanti. Non è un fenomeno nuovo!

Ha radici antiche e ogni epoca ha prodotto favole, miti, storie, romanzi che vedono la scaltrezza prevalere sul candore o sulla ingenuità; l’astuzia senza scrupoli soggiogare facilmente il bisogno o la debolezza. Lo si faceva nell’antica Roma quando ricchi politici o imperatori offrivano alla plebe “panem et circenses)”; lo faceva un famoso sindaco di Napoli che, in periodo elettorale, rateizzava il proprio dono, offrendo la scarpa sinistra prima del voto e la destra soltanto dopo.

Il meccanismo della “ captatio benevolentiae”, lo conosce bene la lega del Nordest, Alba Dorata in Grecia, Casapound nella capitale. E non mancano esempi di becero populismo anche a sinistra.

È la morbidezza della seta che nasconde la punta cuspidata, è la sofficità del velluto che copre l’artiglio minatorio, è la mano offerente che al momento opportuno ti rifila il fac-simile elettorale. So bene che sarebbe sommamente ingiusto fare di tutte le erbe un solo fascio. Ci sono donne uomini nobilmente impegnati a garantire assistenza, vicinanza, e  a dare conforto in modo generoso senza chiedere nulla in cambio. A loro deve andare tutta la nostra gratitudine per la loro quotidianità fatta di sacrificio e di dono. Allo stesso modo, però, penso sia legittimo esprimere riprovazione per chi si comporta da predatore davanti al bisogno e alla vulnerabilità.

Non si commette solo un reato! È un gesto ignobile, antisociale e anticristiano.