Lettera aperta al direttore. Ne riportiamo il contenuto

«Egregio Direttore,

insisto ad interrogarmi di politica, per un senso di appartenenza antico, di cui fatico, in certi momenti, a riconoscere e conservare le ragioni. Affido al Suo giornale alcune brevi riflessioni che avrei piacere di condividere negli organismi partecipativi del Partito Democratico,qualora lo stesso decidesse di avviare una discussione ampia con la base di iscritti e simpatizzanti. Ma appare chiaro come, almeno in questo momento, il gruppo dirigente sia impegnato in discussioni con i gruppi maggiormente rappresentativi. Affido al Suo giornale, se la vorrà accogliere, la rabbia per quelle stesse parole che non hanno trovato ascolto e rappresentanza negli anni di egemonia del modello politico renziano, che, anche in Calabria, ha trasformato il modo di fare politica e di approcciare alla realtà, regalando ai singoli ed alla comunità un senso di isolamento ed abbandono.

Abbondano sulla stampa i tentativi, da parte di chi ricopre incarichi istituzionali e di partito, di spiegare le ragioni della sconfitta della sinistra. Ed anche se in qualche scritto si intravede,in nuce, la volontà di modificare le modalità di partecipazione alla vita del partito, l’azione che ne scaturisce risulta essere poco convinta e non consente l’avvio di una discussione seria sulla prospettiva futura del partito in Italia ed in Calabria.

 

Le elezioni del 4 marzo 2018 hanno rappresentato la rivolta di un popolo contro ciò che è stato inteso come un potere chiuso, incapace non solo di dare risposte alle ragioni di sofferenza della nostra società, ma anche di avvertirne le difficoltà; un potere distratto e lontano.E la percezione di ciò si è amplificata nelle regioni del mezzogiorno, dove la situazione economico-sociale ha reso i territori ancora più fragili e la rabbia ancora più feroce. Anche in Calabria la sconfitta ha ragioni lontane, e coloro che si erano accorti per tempo della frattura creatasi con quella parte di società che non si è più sentita rappresentata,non hanno avuto, per lungo tempo, un luogo di rappresentanza politica, dove esprimere lealmente tale consapevolezza; come dimenticare che gli organismi di partito, a tutti i livelli, non sono stati convocati per anni.E si è preferito, con intenzionalità, circondarsi come in club privato, di figure politicamente deboli,incapaci di orientare scelte e decisioni.

 

Se potessi parlare al mio partito, direi, molto semplicemente, che è arrivato il tempo diavviare un dibattito vero e intenso sui contenuti valoriali, che è arrivato il tempo di mettersi in ascolto di quei saperi che possono arricchire un viaggio comune e motivare nuove ed aperte adesioni.L’idea che la politica si rafforzi nella chiamata periodica ai gazebo per votare a primarie falsate da accordi locali di ogni genere, risulta oramai insufficiente, perché è tempo di riflessioni profonde sulla società attuale ed è tempo di dare rappresentanza ai bisogni, ai valori della comunità che si pretende di rappresentare. E’ il tempo di costruire una prospettiva politica nuova. E’ arrivato il momento di fare un passo indietro, ognuno per la parte corrispondente al proprio livello di responsabilità e di aiutare la selezione e la formazione di un nuovo gruppo dirigente, guardando al contributo che il singolo saprà dare in termini di idee e metodo di lavoro, piuttosto che alla mera fedeltà ad un capo.

Apprendo dalla stampa, dell’avvio della fase congressuale che porterà all’elezione del Segretario Regionale del Partito Democratico entro il 23 giugno 2018.E’evidente la necessità di svolgere un congresso vero, di programma piuttosto che di accordo tra le correnti; ripartire dai circoli per elaborare idee e contenuti e per scegliere la proposta che meglio rappresenta la ns identità di partito della sinistra.E di partito della sinistra in Calabria. Mi chiedo se e quanto interessi al gruppo dirigente del Partito Democratico calabrese capire le motivazioni profonde di questa sconfitta. Già solo cercarne le ragioni costringerebbe chiunque abbia potuto determinarne le scelte, inibite ai più, di dover mettere in discussione la propria posizione, il proprio agire.Un contesto sociale come il nostro, con tante persone che vivono in povertà o in condizioni di grave disagio, con una mancanza di lavoro endemica, con un sistema di tutela della salute incapace di garantire i servizi essenziali, che costringe, di fatto, le persone a non curarsi, avrebbe avuto bisogno di ben altra rappresentatività e di ben altro coraggio.

Siamo sopraffatti dalla politica della presentificazione, del presente assordante, dell’attualità estrema, dove chi è più veloce ad apparire sui giornali o sui social con un tweet,riesce a determinare, in completa solitudine quella linea politica, che per sua intrinseca natura avrebbe bisogno di un approccio collegiale.Manca, al contempo, la comprensione profonda dei problemi, la capacità di disegnare un progetto di società e di darsi una prospettiva futura, di fare delle scelte e soprattutto di immaginare una società pensata per l’essere umano. Ecco, una società pensata guardando da sinistra, facendo particolare attenzione a chi è più in difficoltà;una società che conservi la capacità di indignarsi di fronte alle diseguaglianze ed alle ingiustizie, che si impegni nella tutela del lavoro, capace di offrire una prospettiva al merito. Occorre ritrovare l’identità perduta, quell’insieme di valori, che consentono al singolo di riconoscersi e di avere rappresentanza.

 

Ed aver fatto tutto questo non sarebbe ancora sufficiente, perché l’approccio autoreferenziale di chi tutela esclusivamente una posizione personale, considerando il partito alla stregua di un comitato elettorale (o di un…calesse!!!), e la politica senza umanità che si continua a proporre, continuerebbero a farci percepire come estranei a questa terra ed alle Sue ferite. Questo tempo non può essere guidato da chi è già stato sconfitto nell’azione proposta;è diventato, piuttosto,indispensabile aprire le porte del Partito Democratico anche a quei mondi paralleli alla sinistra, penso all’associazionismo,alle professioni, ai tanti saperi e talenti, esterni al Partito, che possono aiutare a riscrivere una pagina di valori fondanti e definitivi, e che quei valori riescono ad imporre, con passione, nelle azioni quotidiane e nella costruzione di una prospettiva politica futura».

 

Silvia Marino