“Sciogliere per mafia il Comune di Roma sarebbe stato certamente un’onta difficilmente cancellabile per tutto il Paese, e nessuno se lo augurava. Ma il parere ‘chirurgico’ del comitato che ha sostenuto le ragioni giuridiche della relazione Gabrielli, sinceramente, appare altrettanto difficile da comprendere ed accettare”.
Lo afferma in una dichiarazione il Presidente del Gruppo consiliare di Forza Italia Alessandro Nicolò.
“Salta all’occhio, ed in maniera netta, la similitudine della situazione romana con Reggio Calabria, comune, invece, sciolto senza possibilità di redenzione, oserei dire, da un Governo, come quello guidato da Monti, che non ha minimamente preso in considerazione tutta la mole documentale messa insieme dalla giunta municipale guidata da Demetrio Arena. E gli effetti, per Reggio – prosegue Nicolò - sono stati davvero devastanti: dall’aumento delle aliquote fiscali al massimo livello, al blocco del ‘decreto Reggio’; dal tentativo costante di ridimensionare l’aeroporto, all’impossibilità di procedere con interventi manutentivi ed infrastrutturali. Un quadro, invero, allucinante, per uscire dal quale occorreranno molti lustri e sacrifici economici pesanti per la comunità. Il dubbio, però, si estende anche su taluni criteri interpretativi adottati dal comitato romano per salvare il consiglio comunale di Roma, che avrebbero potuto trovare similitudine applicativa anche per Reggio Calabria risparmiandole così la condanna di dovere espiare colpe e responsabilità non certamente ascrivibili, o in via esclusiva, soltanto all’ultima gestione. La mannaia – dice ancora Nicolò – è così calata soltanto sul collo dei reggini, senza possibilità di difesa e di ascolto, per via giudiziaria, con una violenza democratica inaudita, inaccettabile perché comminata senza che vi sia stato il tempo necessario di spiegare tutte le iniziative che il Comune aveva posto in essere per riprendere un cammino virtuoso che avrebbe portato l’Ente comunale fuori dalla crisi finanziaria salvaguardando la dignità di una comunità ferita ma ancora in piedi. Due pesi e due misure che ritrovano un precedente anche nel caso Campania. L’ex Presidente Scopelliti, raggiunto da una condanna di I grado, è ricorso all’istituto delle dimissioni, consegnandosi totalmente alla L. Severino mentre il Presidente della regione De Luca non solo è stata concessa l’opportunità di candidarsi ma anche quella di governare. Una riflessione, a questo punto, è d’uopo. Non si capisce dove finisce la morale ed inizia l’etica. Aleggia un’aria di grande confusione generale nel PD che mette da parte i principi o, meglio, li valuta secondo gli schieramenti o anche delle circostanze e dei soggetti coinvolti, così da decidere se applicare la norma o interpretarla? Sarebbe ora finalmente di ripristinare un sano equilibrio e fare viaggiare l’Italia alla stessa velocità degli Stati democratici”, conclude Nicolò.