L’ordinanza regionale con cui la presidente Santelli ha assunto alcune misure di allentamento del “lockdown” e il dibattito in consiglio regionale sulla approvazione del documento di bilancio, hanno messo a nudo il livello di debolezza e inconcludenza di alcune espressioni della rappresentanza politica calabrese.

Il filo comune che contraddistingue entrambe le vicende è la prevalenza dell'interesse di posizionamento politico, con il fine di rafforzare e consolidare proprie posizioni di potere, e non la ragione dell'interesse del cittadino. È notorio, infatti, che la presidente Santelli ha autorizzato l'apertura di alcune attività economiche e commerciali in maniera improvvisata e confusa, soltanto per allinearsi alle posizioni del centrodestra nazionale, nella pregiudiziale lotta contro il governo Conte.

 

E lo ha fatto nonostante in contraddizione con la linea di chiusura rigorista, che aveva ella stessa pronunciato fino a quel momento. Ieri sera, ospite di "Che tempo che fa", è giunta persino ad affermare, al contrario di quanto ha disposto in una sua ordinanza, che non ha posto obbligo di utilizzare le mascherine, nel mentre i cittadini apprendevano che la Regione Campania ha, invece, acquistato 4 milioni e mezzo di mascherine da distribuire gratuitamente alle famiglie, compresi i ragazzi tra i 4 ed i 16, oltre a predisporre per la ripartenza un piano di sostegno da un miliardo di euro.

 

La Santelli ha perso l'occasione per anticipare una fase 2 capace di coniugare l'obiettivo della sicurezza per la salute con quello della ripresa economica. Ha perso la occasione per dimostrare che la ripresa potesse essere più motivata e possibile al Sud dove il contagio è stato più contenuto rispetto ad alcune regioni del Nord. Ha perso la occasione per dimostrare che il rischio di contrarre il virus è più alto nelle realtà del nord dove purtroppo ancora oggi si registra un numero di contagi che, seppur consistentemente diminuito, rimane ancora elevato e comunque molto più elevato rispetto alle regioni del sud. Così, al fine di un interesse politico di parte, i cittadini sono sballottati e affidati a maggiore confusione e incertezza.

 

Insomma, una occasione mancata per rivendicare la necessità di capovolgere l'asse dello sviluppo del Paese: mai come in questa fase è ampiamente provato che il Sud è la vera risorsa su cui fare leva anche per fronteggiare una tremenda fase recessiva nazionale. Parimenti, nel dibattito svoltosi nella ultima seduta di Palazzo Campanella, il Pd chiede scusa per la mancata approvazione del bilancio di previsione 2020 dimenticando che a fine 2014 il centro-destra non solo non approvò il bilancio di previsione 2015 ma non approvò neanche l'esercizio provvisorio per garantire l'ordinaria amministrazione. Una posizione politica miope e suicida, quella espressa dal gruppo Pd nell'ultimo consiglio regionale, evidentemente assunta non per mandare un messaggio di fiducia ai cittadini ma soltanto per posizionare il maggior gruppo di minoranza in una collocazione di opposizione subalterna e civettuola verso la neoeletta presidente della Regione e al, tempo stesso, per insistere in una battaglia politica di potere interna allo stesso partito democratico.

 

È evidente, a tal proposito, la complicità degli stessi commissari mandati dal Nazareno, anche loro interessati a mantenere lo status quo e non a fare cimentare il partito sulle cause e sugli effetti di una disastrosa sconfitta alle recenti elezioni regionali ed al come mettere in campo un progetto di effettivo rinnovamento politico e organizzativo dello stesso partito.

Mantenere viva la polemica come se ancora le lancette fossero ferme ad almeno un anno addietro è, certamente, di aiuto a protrarre il commissariamento sine die o magari fino al tempo di spartirsi le ultime spoglie in occasione delle prossime elezioni politiche. Tutto ciò avviene senza rendersi conto che i calabresi non hanno dimenticato che ad aver concorso a non approvare il bilancio, nel dicembre scorso, sono stati proprio coloro i quali in maniera assai disinvolta oggi chiedono scusa, gli stessi che per oltre un anno, hanno fatto mancare il numero legale per impedire il funzionamento dello stesso consiglio regionale. Entrambe le vicende evidenziano, dunque, il limite proprio di una rappresentanza politica che invece di esprimersi sul terreno della responsabilità e della capacità di presentare progetti e proposte all'altezza delle questioni imposte dalla più drammatica fase della storia dell'ultimo secolo, cercano di motivare la loro ragion d'essere attraverso scaramucce di cortile e forme di propaganda, tanto insensate quanto abominevoli.

 

Sono questi i termini che oggi costituiscono e fanno emergere una vera questione etica e morale della qualità della rappresentanza politica. Di questo passo sarà sempre più difficile che si possa confidare su una espressione di un ceto politico competente, responsabile e pertanto effettivamente affidabile e, contestualmente, riuscire a sottrarre i cittadini alla condizione di essere fruitori di una offerta politica ed elettorale che costringe a scegliere sempre il meno peggio: tanto al peggio non c'è mai fine.

Azione riformista - Pd Calabria