In merito al decesso della piccola Ginevra, morta a soli due anni per Covid, è intervenuta anche la Società italiana pediatria, sezione Calabria.  «La triste notizia della morte per Covid 19 della bambina di Mesoraca, lontano dalla sua casa e dalla sua famiglia – si legge in una nota stampa - riapre l’annoso problema della mancanza nella nostra regione di un piano organico per la gestione dell’emergenza urgenza in età pediatrica e, soprattutto, della mancata attivazione di una unità operativa complessa di Terapia Intensiva pediatrica regionale. E questo nonostante quanto indicato dall’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2017 e, in particolare, quanto stabilito dal Decreto Dca 89/ 2017 con cui era stata autorizzata l’attivazione nella Regione Calabria di una Unità operativa di Terapia intensiva Pediatrica ad alta specialità con quattro posti letto».

La conseguenza «è che i bambini calabresi che necessitano di elevata intensità di cure vengono oggi trattati impropriamente nelle Terapie intensive dell’adulto o, molto più frequentemente, trasferiti in strutture extra regionali, come, come nel caso della piccola deceduta ieri al Bambin Gesù di Roma, con tutte le problematiche assistenziali ed i gravi rischi per la salute dei bambini che un trasferimento in condizioni di emergenza comporta. Tutto questo si inserisce – si fa rilevare - nel più ampio contesto delle criticità relative all’attuale gestione delle cure pediatriche nella nostra Regione, legate soprattutto all’assoluta mancanza di un piano strategico rivolto a migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’intera rete assistenziale dedicata ai bambini calabresi».

Da qui la necessità di «una riorganizzazione dell’intera rete assistenziale pediatrica regionale, compresa quella relativa all’emergenza urgenza capace di superare le carenze strutturali, tecnologiche ed organizzative attualmente esistenti, appare quindi non più rinviabile. Non solo – conclude la Società italiana di pediatria - per garantire risposte adeguate alle esigenze di salute della popolazione residente e dare ai bambini calabresi la sanità che meritano, ma anche per ridurre la migrazione sanitaria, un problema sanitario e socio- economico che in Calabria aspetta da decenni risposte adeguate».