«Non possiamo che salutare con piacere e soddisfazione l’annuncio fatto dalla Baker Hughes – Nuovo Pignone, circa gli investimenti di due considerevoli progetti in Calabria: un nuovo insediamento produttivo a Corigliano e l’aumento della capacità produttiva del sito di Vibo Valentia, attraverso la sua espansione. Un segnale incoraggiante, questo, che mostra come l’intero territorio calabrese abbia delle grandi potenzialità in termini di politica industriale, di sviluppo e crescita, di professionalità, e che non rimarrà isolata nel grande cambiamento in atto che vede nella transizione energetica e produttiva un nuovo punto di partenza». È quanto si legge in una nota diffusa da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil

«Ma soprattutto - proseguono le sigle sindacali -, è la prospettiva di una nuova crescita occupazionale, attraverso l’inserimento di nuove maestranze specializzate e di giovani laureati calabresi nel mondo del lavoro, che lascia ben sperare, nei prossimi anni, in contro tendenza a quanto avvenuto fino ad ora, che la Calabria possa finalmente avere una seria e concreta opportunità di crescita. Da tempo, infatti, come sindacati vibonesi, rivendichiamo e denunciamo la necessità di una politica e di una strategia industriale efficiente a mantenere e creare occupazione, avviando realmente processi che tengano insieme lavoro, ambiente, sviluppo e diritti. Ed in questo senso, rimane per noi sindacato, doverosa una amara riflessione: questo investimento di circa 60 milioni di euro sarebbe dovuto essere fatto proprio sul Porto di Vibo Marina. Purtroppo è stato impedito. Ad impedirlo sono stati una classe dirigente politica Vibonese cieca ed insipiente, che negli ultimi 15 anni ha amministrato il territorio di Vibo Valentia senza alcuna visione di prospettiva, priva di immaginazione e senza soprattutto una reale preoccupazione sulle possibilità di crescita economica e occupazionale del territorio, la quale, lasciandosi andare a grandi proclami e maestose promesse, non ha prodotto alcun concreto intervento sul Porto di Vibo Marina, che lo mettesse nelle condizioni di essere appetibile alle imprese capaci di investire per nuovi insediamenti produttivi e verso l’espansione dei sedimi esistenti».

«Così come sulla restante area industriale di Porto Salvo - continua la nota - , che nell’ultimo decennio ha perso oltre 5000 lavoratori, tra diretti e indotto, per la quale la classe politica locale, e non solo, non è mai riuscita ad avere una visione strategica degna di questo nome, capace di ridare vita ad un tessuto produttivo economico locale troppo liso ed ormai stressato da anni di crisi. Diciamo questo, perché vogliamo sperare che proprio questo esempio possa servire ad una presa di coscienza collettiva, per cambiare urgentemente l’attuale condizione segnata dall’assenza di politiche industriali, di sostegni alla commercializzazione, all’innovazione di prodotto e di processo, alla formazione professionale, al governo del mercato del lavoro, a clausole sociali cogenti e selettive nel sistema degli affidamenti e degli appalti, al costo del denaro al limite dell’usura, all’inefficienza della pubblica amministrazione, alla scarsità ed inadeguatezza dei servizi logistici, energetici, telematici. Tutte questioni queste che da tempo, come sindacati, stiamo denunciando conoscendo bene i rischi che si corrono, tanto sul piano occupazionale, quanto su quello contrattuale, cosi come sul possibile futuro di crescita e sviluppo per l’intera regione calabrese».

«Ci auguriamo, dunque - si legge in conclusione -, che la storia della Baker Hughes – Nuovo Pignone, ancora oggi in Calabria, presente grazie alle lotte sindacali che si sono succedute nel tempo per evitare la chiusura del sito di Vibo Valentia, siano di buon auspicio per il futuro. La classe dirigente e politica di Rossano -Corigliano non prenda esempio da quella Vibonese: speriamo sostenga in modo chiaro e senza tentennamenti un investimento che può essere da apripista per lo sviluppo di tutto il territorio».