«Sospendete quello spot di Trenitalia.com perché inganna i turisti stranieri, offende gli italiani, ma soprattutto mortifica i calabresi. Lo spot dell’Eurostar diffuso da Trenitalia offende una parte del Paese: e cioè quella dove i treni viaggiano ancora a gasolio e si binario unico. Dal danno alla beffa. Va bene la gravissima e perdurante assenza di infrastrutture stradali e ferroviarie, ma voler addirittura pubblicizzare con tanta enfasi e su tutti i media l’efficienza e la comodità di alcune limitate parti del Paese ci è sembrato davvero troppo».

Sembrano affermazioni di oggi, nel 2022, con la linea jonica ancora nelle stesse condizioni della sua inaugurazione nel 1875. Sono invece le parole contenute in una lettera aperta all’allora Presidente della Repubblica Ciampi, rilanciata con eco nazionale dall’Agenzia Ansa, il 2 giugno del 2001 (“Trasporti: Spot Trenitalia offende Sud, appello a Ciampi”).

Autrice e protagonista di quell’appello al Capo dello Stato è Otto Torri sullo Jonio, movimento nato nel 1997, già resosi promotore delle prime tre edizione dell’Euromed Meeting (di lì a poco la più grande scuola estiva internazionale mai organizzata in Calabria) ed in quei primi mesi di quell’anno costituitosi in Onlus.

21 anni fa. Nel giorno del 55simo anniversario della Repubblica, attraverso l’allora Presidente Giovanni Donato, Otto Torri chiede alla massima autorità ed istituzione dello Stato di intervenire e farsi garante dell’Unità Nazionale. Per bloccare la diffusione di uno spot che – si legge in quella preoccupata lettera aperta a Ciampi che sembra scritta oggi – rischia di far scattare un effetto secessione anche al Sud.

«Se, infatti, in alcune realtà del Centro-Nord si viaggia in Etr 500-Eurostar al contrario – scrive nel 2001 l’associazione – sulle cosiddette Frecce del Sud, come ad esempio il tristemente noto Crotone-Milano, i passeggeri sono costretti a dormire nelle toilette, ammassati per terra e nei corridoi per almeno 15 ore».

Per rafforzare quella denuncia e quella nuova provocazione Otto Torri lanciava anche una petizione nelle università italiane, nella quali (oggi come ieri) maggiore era e rimane la presenza di studenti universitari calabresi. – In ogni caso, quello spot (a tutt’oggi non ne conosciamo i reali motivi) di lì a poco spariva dagli intermezzi pubblicitari televisivi.

«Nel ricordare – dichiara Lenin Montesanto, direttore di Otto Torri sullo Jonio – i momenti più importanti, i grandi eventi e le azioni di mobilitazione ideale e di sensibilizzazione sociale più pregnanti che hanno distinto questi primi 25 anni del nostro impegno militante sui territori e della nostra costante provocazione culturale dentro e fuori la Calabria, pur preservando – precisa – l’ottimismo della ragione che ci ha sempre animato e che di fatto ci fa sentire se possibile ancora più giovani di ieri, alla soglia dei nostri 50 anni non possiamo non ammettere – aggiunge – di aver aggiunto i fallimenti della nostra generazione a quella delle generazioni che ci hanno preceduto.

È andata sicuramente così – continua – per quell’esigenza di azzeramento del gap infrastrutturale per il Sud Italia e per la Calabria in particolare che perdura sostanzialmente inalterato dalla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 e dalla nascita referendaria della Repubblica il 2 giugno del 1946. Prima di noi, primi studenti Erasmus, dialettici e visionari con le bretelle a torso nudo ed i capelli alla gitana, anche i nostri genitori erano stati protagonisti, forse con più passione ideologica, di ogni forma di mobilitazione e di protesta per avere più strade, autostrade, ferrovie ed aeroporti funzionanti (ancora non si parlava di porti come oggi), per garantire ai meridionali ed ai calabresi in specie le stesse opportunità di crescita, competitività e sviluppo delle altre regioni del centro-nord.

Per noi di Otto Torri sullo Jonio è sempre stato un punto concettuale non trattabile e di censura trasversale a tutto il cosiddetto arco politico costituzionale: senza le stesse condizioni di partenza e senza la concreta garanzia per tutti dei servizi pubblici essenziali, infrastrutturali in primis (materiali ed immateriali), restano violati ogni giorno i diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino: salute, mobilità, giustizia, acqua, studio e libertà economica e sviluppo eco-sostenibile. Viene ipotecato il diritto di cittadinanza per alcuni, svantaggiati rispetto ad altri nello stesso perimetro nazionale. E ne risulta bloccato, in termini di competitività internazionale, tutto il sistema Italia.

Viene soprattutto meno – scandisce il direttore di Otto Torri – la stessa unità nazionale che, a differenza di quanto invece accaduto in poco più di una generazione con la riunificazione della Germania, con lo sviluppo infrastrutturale dell’Andalusia in Spagna o con il caso Irlanda, per l’Italia resta invece soltanto un enunciato di principio, rimasto sulla carta, mai seriamente governato da tutte le classi politiche e dirigenti che si sono succedute. Da 161 anni, quello del Mezzogiorno italiano resta il più longevo fallimento della storia dei Paesi moderni. Ed anche la nostra generazione – spiega – deve purtroppo ammettere questo suo innegabile fallimento, che è anche il fallimento della Repubblica che celebriamo ogni 2 Giugno; il fallimento senza appello per non essere riusciti a vedere, in un quarto di secolo, gli stessi cambiamenti, le stesse innovazioni, lo stesso recupero di ritardo di sviluppo ereditato che altri nostri coetanei europei, più volte ospiti dei nostri eventi internazionali in Calabria, hanno invece contribuito a determinare nei loro Paesi, non dovendolo più raccontare ai loro figli. Un fallimento – conclude Montesanto – che rischia di perpetuarsi anche con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), quel Next Generation con cui l’Europa ci offre l’ennesima opportunità di riscatto e rilancio per il futuro».