Una rupe di arenaria che tiene il paese sospeso a 350 metri d’altezza, tra la Sila e il Mar Ionio. In mezzo, la valle del fiume Neto, tra campi coltivati e scorci di natura selvaggia e incontaminata. Si eleva strato su strato la rupe, recando su di sé le tracce del passaggio del tempo, dell’acqua e del vento. Ha l’aspetto di un turbine di sabbia puntellato di verde, che avvolge il centro abitato trascinandolo in alto e concedendolo così allo sguardo di chi passa. Ma non basta fermarsi a guardare dalla strada per sentirne l’anima. Bisogna seguire i tornanti, su fino in cima, ed entrare nel petto del paese. Ed eccolo offrire tutto se stesso.

Un incanto di pietra Santa Severina. Il centro raggiungibile da una scala si apre allo sguardo a poco a poco, gradino dopo gradino, fino a consegnarci la prima delle tre parole che useremo per raccontare questo luogo. È Campo e dà il nome alla piazza principale. Il cuore del paese, stretto nell’abbraccio di antichi palazzi e dei due monumenti più importanti: la cattedrale di Sant’Anastasìa e il castello.

L’una e l’altro si fronteggiano da un lato all’altro, incrociando i loro sguardi di pietra al di sopra del grande disegno sul pavimento. Un’ellisse attraversata da spesse linee che la dividono in 12 quadranti a comporre una rosa dei venti, con un grande occhio al centro. È ricca di simboli Piazza Campo, che uno appresso all’altro sull’acciottolato conducono all’ingresso dell’emblema di Santa Severina.

Il castello è l’edificio più rappresentativo, un’area di 10mila metri quadri che torreggia sulla valle. La sua costruzione risale alla dominazione normanna. Fu edificato nell’XI secolo per volere di Roberto il Guiscardo su una preesistente fortificazione di origine bizantina.

Un mastio quadrato con torri cilindriche ai 4 lati, si erge come dominus incontrastato del paese protetto da possenti bastioni e custode di labirintiche vicende di un tempo che fu. Al suo interno si trova il Museo archeologico di Santa Severina. Qui ebbe sede anche il liceo, oggi intitolato al medico e patriota garibaldino Diodato Borrelli, ma fondato come ginnasio “Principe di Piemonte” nel 1865.

Proprio davanti all’ingresso, la piazzetta con le sue panchine e la sua caratteristica architettura a onde.

Alla parte opposta è un altro gioiello di questo luogo, il battistero, uno dei monumenti bizantini più importanti della Calabria. Nascosto ma tutt’uno con la chiesa madre di Sant’Anastasìa, edificata nel XIII secolo e più volte restaurata, concattedrale della Diocesi di Crotone-Santa Severina.

L’architettura storica accanto a quella della natura. Monte Fuscaldo è la cima più alta del Marchesato crotonese: da quassù è possibile ammirare nel suo insieme il centro del paese.

Celebrato anche dal poeta Teocrito, che in uno dei suoi idilli cita i «poderi di Fusco e fino al Neto dove crescono tutte le erbe buone», è dimora di rapaci e di robusti pini marittimi. L’opera del tempo di fronte a quella dell’uomo, aggrappate l’una all’altra tra mare e montagna, inaccessibili agli sguardi di passaggio ma pronte ad aprirsi a chi voglia scoprirne le bellezze.