Una latitanza lunga trent’anni, i covi, i pizzini, la malattia e la morte dell’ex primula rossa nel reparto detenuti dell'ospedale de L'Aquila
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Il 16 gennaio 2023 finiva per sempre la latitanza di Matteo Messina Denaro, ultimo boss stragista di Cosa nostra. L’ex primula rossa venne arrestato alle 9.12 di un anno fa dopo un'attesa lunga 30 anni. L’uomo, tra i più ricercato d'Italia, si trovava in una delle cliniche private più note di Palermo, La Maddalena, catturato poco prima di sottoporsi all'ennesima seduta di chemioterapia. Messina Denaro era in cura a pochi chilometri dal suo paese, Castelvetrano. Montone griffato, cappellino di lana in testa e al polso un Franck Muller da 35mila euro. «Mi chiamo Matteo Messina Denaro», rispose al militare del Ros che l'aveva bloccato.
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Con l'ex latitante finì in carcere un imprenditore di Campobello di Mazara, Giovanni Luppino: l'autista che aveva accompagnato il padrino nella struttura sanitaria. «Me l'avevano presentato con un altro nome, mi ha chiesto un passaggio», disse ai militari che scopriranno dopo che quello del 16 gennaio era solo uno dei 50 viaggi a Palermo fatti da Luppino e dal suo passeggero. In quella storica data, anche la premier Giorgia Meloni raggiunse la Sicilia per incontrare il procuratore e l'aggiunto Paolo Guido, e i magistrati.
Le indagini per arrivare a Matteo Messina Denaro
Solo dopo mesi sarà davvero chiaro come i carabinieri siano arrivati a prendere l'ultimo latitante di Cosa nostra. Che a portarli sulle tracce di Messina Denaro sia stata involontariamente la sorella del boss, Rosalia, arrestata due mesi dopo. A marzo si saprà tutta la verità e gli inquirenti potranno raccontare di come i militari del Ros, mettendo le microspie in un locale della casa della donna, nella gamba di una sedia abbiano trovato un biglietto in cui la Messina Denaro aveva scritto una sorta di diario clinico del boss, malato da due anni di un gravissimo cancro al colon. Dalla scoperta del biglietto - era l'8 dicembre - la macchina investigativa si mise in moto e attraverso uno screening dei malati di tumore di tutta Italia i carabinieri arrivarono a un paziente compatibile per età e luogo di residenza al capomafia. Si tratta di Andrea Bonafede, un geometra di Campobello nipote del capomafia Leonardo.
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Trent'anni di latitanza
Ma quando il paziente Bonafede risultava in cura alla Maddalenna, il vero Bonafede si trovava da tutt'altra parte. Il sospetto prese corpo: il 14 gennaio i militari scoprirono che il malato si sarebbe sottoposto alla chemio il lunedì successivo. E organizzarono il blitz. Dall'arresto - Messina Denaro viene portato nel supercarcere de L'Aquila - è un susseguirsi di scoperte: dalla rete dei fiancheggiatori (finora ne sono stati presi 9), ai covi di Campobello pieni di pizzini e appunti, ai soldi sequestrati: circa 800mila euro cash. Inizia una nuova fase delle indagini: ricostruire i 30 anni di latitanza del capomafia. Morirà la notte del 24 settembre, nel reparto detenuti dell'ospedale de L'Aquila, dopo aver finalmente riconosciuto la figlia naturale Lorenza.