Rispetto al 2019, nel 2020 si sono registrati oltre 4 milioni di inviti e 2,5 milioni test di screening oncologici in meno. Causa pandemia, dunque, si sono accumulati 5 mesi di ritardo per lo screening per il tumore del collo dell'utero, in 4 mesi e mezzo per lo screening per il tumore della mammella e 5 mesi e mezzo per il colon retto.

Ma c'è stata anche «una grande variabilità di recupero da parte delle singole Regioni» e «la pandemia ha accentuato le differenze Nord-Sud già esistenti prima del Covid-19», evidenziando «una sofferenza maggiore delle Regioni meridionali». È quanto emerge dalla terza e conclusiva indagine sugli effetti del Covid sulla prevenzione oncologica, realizzata dall'Osservatorio Nazionale Screening (ONS), strumento tecnico a supporto del Ministero e delle Regioni, collocato presso l'Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (Ispro) di Firenze.

«Purtroppo non c'è stato un recupero rispetto al ritardo accumulato, in particolare a seguito della sospensione degli inviti nel periodo marzo-aprile 2020, anche se possiamo dire che è positivo che la velocità con cui questo ritardo si è generato si sia ridotta», commenta Paola Mantellini, che dirige l'Osservatorio Nazionale Screening.

«È positivo – aggiunge - che a partire dal mese di maggio e in particolare nell'ultimo trimestre del 2020 alcune Regioni abbiano fatto sforzi imponenti per recuperare: alcune realtà sono addirittura riuscite a erogare più test di screening rispetto al 2019».

Tuttavia, le lesioni che potrebbero subire un ritardo diagnostico nel 2020 sono oltre 3.300 carcinomi mammari, 2.700 lesioni cervicali, quasi 1.300 carcinomi colorettali e oltre 7.400 adenomi avanzati in meno rispetto al 2019. «Queste stime - conclude Gianni Amunni, direttore generale di Ispro - ci devono mantenere in allerta per far sì che anche nel primo semestre del 2021 si recuperino rapidamente, definitivamente e strutturalmente i ritardi».