Il simbolo della Cortina di Ferro, emblema della Guerra Fredda e dei regimi comunisti contrapposti ai paesi occidentali tra Est e Ovest dell’Europa, fu abbattuto il 9 novembre 1989. Ma i muri non sono finiti
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Confini da tracciare come linee da non oltrepassare, tra uno Stato e un altro o addirittura tra una parte della Città ad un’altra. Barriere erette per ostacolare il movimento di persone e di idee, per dividere territori segnati da poteri contrapposti, le cui tensioni vivono anche se non ci sono, “a vista”, campi di battaglia.
I muri di ieri e di oggi
La storia continua a riproporsi e a interrogare anche oggi in occasione del 35mo anniversario della storica caduta del Muro di Berlino. Il senso dell’abbattimento della Cortina di Ferro si popola di implicazioni storiche, politiche e sociali, mentre Israele dallo scorso anno costruisce un altro muro per separare e isolare i palestinesi in Cisgiordania, mentre esiste il muro di confine tra Messico e Stati Uniti e risuonano le roboanti e minacciose promesse del neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di deportare i migranti e di porre un argine all’invasione dei criminali consentita da Democratici. I migranti hanno rappresentato una spina dorsale della campagna elettorale che lo ha portato al secondo mandato presidenziale. I migranti sono ancora oggi questione politica aperta in Europa e di scontro nel nostro Paese.
Persone e confini
Muri in cemento e muri eretti da leggi altrettanto escludenti che impediscono l’accoglienza e si fanno strumento di respingimenti e rimpatri di popoli che si spostano per esercitare il diritto alla speranza di una vita migliore, lontana da conflitti e in luoghi diversi da quelli di origine, che non perché tali sono sempre vivibili.
Così i muri sono di cemento ma non solo. Sono i tanti eretti e ancora presenti nel mondo dove, difendendo i confini, si violano i diritti delle persone. La recente esperienza del accordo italiano con l’Albania e di una “discutibile” lista di paesi sicuri verso cui secondo il Governo italiano è legittimo rimpatriare le persone in via d’urgenza, costituisce una barriera, un ostacolo alla mobilità di persone, all’esercizio dei loro diritti.
Da una guerra all’altra
La storica caduta del muro di Berlino (Berliner Mauer), emblema della Guerra Fredda, simbolo dei regimi comunisti contrapposti ai paesi occidentali tra Est e Ovest dell’Europa, avvenne il 9 novembre 1989, esattamente 35 anni fa.
Simbolo vivente e vibrante di quella geografia di poteri disegnata dopo la Seconda Guerra Mondiale: da una parte l’influenza statunitense impegnata ad arginare le spinte comuniste e dall’altra quella sovietica comunista, appunto. Una barriera, una rete di fortificazioni che avrebbe dovuto proteggere e allontanare lo spettro di una terza guerra mondiale e che invece violò diritti e libertà.
La giornata storica
Sulle note della canzone “Wind of Change” degli Scorpions, la giornata del novembre 1989 divenne breccia di speranza che rivitalizzava un terreno inaridito dai totalitarismi, dalle divisioni e dalle dittature che avevano insanguinato il Novecento. Derive dalle quali il mondo ancora non è ancora libero.
La città spezzata e il cielo diviso
Berlino, città spaccata, divisa come il cielo narrato dalla penna Christa Wolf e dallo sguardo di Wim Wenders, incarnava l’emblema del mondo diviso tra l’Unione Sovietica e il blocco Occidentale.
«Un tempo, le coppie d'amanti prima di separarsi cercavano una stella, su cui i loro sguardi la sera potessero incontrarsi. Che cosa dobbiamo cercare noi? “Il cielo almeno non possono dividerlo”, disse Manfred beffardo. Il cielo? Tutta questa cupola si speranza e di anelito, di amore e di tristezza? “Sì invece” disse lei piano. “Il cielo è sempre il primo a essere diviso”». Così scriveva Christa Wolf ne libro pubblicato nella Germania dell’Est nel 1963, all’indomani della costruzione del muro.
Dal filo spinato al cemento armato
Costruito nell'agosto 1961, in piena Guerra Fredda, fu abbattuto 28 anni dopo. Un filo spinato presto sostituito dal cemento armato, oltre 150 chilometri di lunghezza con tre metri e mezzo di altezza, che rimase poi l’elemento portante dei successivi interventi fino alla costruzione di una recinzione che, soppiantando la prima, si compose anche di una frontiera interna al muro drammaticamente nota come “la striscia della morte”. Nel tentativo di oltrepassarla persero la vita tanti innocenti. Oltre 190 strade berlinesi tagliate e interdette al transito di cittadini di una stesa città.
Un territorio smembrato e comunità divisa
Il destino di divisione di Berlino fu segnato durante la Conferenza di Yalta, all’indomani del Seconda Guerra Mondiale, quando il suo territorio fu politicamente smembrato in quattro settori assegnati per la parte più estesa all’Unione Sovietica, per il resto alla Francia, agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. Questi tre settori, anche se indipendenti, ricadevano di fatto nel territorio della Germania Ovest circondato dalla Germania Est, dunque la libertà di circolazione in questa zona divenne, con l’incalzare della Guerra Fredda tra blocco comunista e blocco occidentale, nulla.
Il memoriale internazionale: la East side Gallery
Oggi ciò che resta dell’antico tracciato del muro anima alcuni luoghi di Berlino divenuti della Memoria.
In particolare la East Side Gallery (nella foto un tratto del muro) costituisce il tratto più lungo di quell’antico tracciato del muro rimasto nella posizione originaria e rappresenta per tutti un memoriale internazionale, un monito alla libertà. Oggi lungo il tracciato del Muro, i musicisti di ‘Rockin1000’ contemporaneamente tornano a suonare 7 pezzi rock dedicati al tema della libertà, nell’ambito del “35th Anniversary of the Fall of the Berlin Wall”. Tra loro anche Luciano Iocolano, residente a Bologna ma originario di Catanzaro.
Le guerre e le divisioni non sono solo storia
La drammatica attualità ci insegna, tuttavia, che le guerre non sono solo storia e che gli spazi di democrazia sono spesso troppo fragili e in pericolo.
In molti angoli del mondo, popoli e persone hanno ancora si trovano dinnanzi muri da abbattere, siano barriere visibili come un filo spinato o il calcestruzzo, siano barriere invisibili ma non meno granitici come i pregiudizi o leggi ingiuste. Quanto accaduto a Berlino trentacinque anni fa incarna l'urgenza di fare al più presto tutto quello che ancora c'è fare per affermare e difendere, Libertà, Pace e Democrazia. Ed è ancora tantissimo.