L'arma migliore per contrastare il virus rimane il vaccino, una soluzione raccomandata soprattutto per soggetti debilitati, anziani e bambini. Altrimenti la possibilità di ammalarsi diventa altissima
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Secondo quanto previsto, il picco dovrebbe arrivare a metà gennaio, in corrispondenza come diretta conseguenza dell'ondata di gelo che nei prossimi giorni interesserà tutta la penisola con un crollo termico previsto, in alcune zone, anche a 15 gradi. Naturalmente le temperature in picchiata favoriranno i sintomi da raffreddamento come raffreddore e mal di gola, ma l’influenza vera e propria, causata da un virus, viene veicolata di solito per contatto, o anche solo per prossimità con un “contagiato”. Starnuti, fazzolettini, colpi di tosse, strette di mano, rappresentano dei veri ponti di passaggio per il virus. E chi non ha provveduto, per qualche motivo, a fare il vaccino, o a far vaccinare le categorie più a rischio (anziani e bambini), dovrà rassegnarsi a un’alta probabilità di ammalarsi. Anche se gli esperti parlano di un calo dei casi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il numero di casi stimati nell'ultima settimana considerata - quella dal 17 al 23 dicembre 2018 - è pari infatti a circa 225.000, per un totale, dall'inizio della sorveglianza, di circa 1.230.000 casi. Questi gli ultimi dati relativi alla sorveglianza epidemiologica delle sindromi influenzali, elaborati dal Dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto superiore di sanità attraverso il bollettino Influnet. Il livello di incidenza in Italia è pari a 3,7 casi per mille assistiti. Colpiti maggiormente i bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva un'incidenza pari a 11,1 casi per mille assistiti. Si va dunque, per la fascia di età pediatrica, verso un'intensità media dell'influenza, stabilita nella soglia pari a 12,89 casi per mille assistiti.