Per i giudici l’affidamento diretto è illegittimo e va fatta una gara pubblica. Il Comune nel mezzo: bisogna rispettare la sentenza ma anche garantire che l’evento resti iconico. Viale Mazzini prova a contenere i danni ma la Commissione di Vigilanza esprime forte preoccupazione
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Il Festival di Sanremo, il simbolo più rappresentativo della musica italiana, dovrà affrontare un radicale cambio di paradigma. Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto dell’evento alla Rai, stabilendo che dal 2026 il Comune di Sanremo sarà obbligato a indire una gara pubblica per assegnare il marchio "Festival di Sanremo". Una decisione che, in un colpo solo, mette fine a decenni di gestione esclusiva da parte della Rai e spalanca le porte a nuovi potenziali organizzatori.
La sentenza è arrivata a seguito di un ricorso presentato dalla società Je, guidata da Sergio Cerruti, presidente dell’Associazione Fonografici Italiani (Afi). Il nodo del contendere riguarda il marchio del Festival, di proprietà del Comune, e il suo utilizzo esclusivo da parte della Rai, che ha gestito l’evento attraverso un format consolidato e largamente riconosciuto. Cerruti, nel suo ricorso, non mirava ad appropriarsi del format Rai – che resta di esclusiva proprietà dell’emittente pubblica – ma a ottenere il diritto di utilizzo del marchio "Festival di Sanremo" per un nuovo progetto indipendente.
Secondo il Tar, il marchio e il format non sono inscindibili. Il marchio appartiene al Comune di Sanremo, mentre il format televisivo – la scaletta, la struttura delle serate, il modo in cui l’evento viene trasmesso – è un’esclusiva della Rai. Questa distinzione ha portato i giudici a stabilire che l’affidamento diretto del marchio alla Rai non garantisce la trasparenza e la competitività necessarie per un evento di tale portata. Di conseguenza, dal 2026, il Comune dovrà mettere a gara l’organizzazione del Festival.
Nonostante la portata dirompente della sentenza, l’edizione 2025 non subirà modifiche. Il Festival, già assegnato alla conduzione di Carlo Conti, andrà avanti come previsto, con la Rai che continuerà a gestire il format e tutti i preparativi già in corso. Questa decisione è stata motivata dalla necessità di evitare disagi e ripercussioni organizzative, data l’imminenza dell’evento.
La Rai, da parte sua, ha cercato di contenere i danni, emettendo una nota ufficiale in cui ribadisce la propria titolarità del format televisivo del Festival. Secondo l’azienda, la sentenza del Tar non intacca il cuore dell’evento, ma riguarda esclusivamente le delibere comunali che hanno concesso l’utilizzo del marchio e di alcuni servizi accessori. Tuttavia, il colpo è forte. La possibilità di perdere l’esclusiva sul marchio, che rappresenta una delle principali fonti di incasso pubblicitario per l’emittente, apre scenari inediti e potenzialmente rischiosi.
Il sindaco di Sanremo, Alessandro Mager, ha definito la sentenza «inaspettata e complessa», sottolineando che l’amministrazione comunale procederà a un’analisi approfondita insieme ai consulenti legali per valutare le migliori strategie future. Il Comune si trova ora in una posizione delicata: da un lato deve garantire che il Festival resti un evento iconico per la città e per l’Italia, dall’altro deve rispettare le indicazioni del Tar, che puntano a una maggiore trasparenza e pluralità nella gestione del marchio.
Per la società Je, la sentenza rappresenta una vittoria importante. Cerruti ha dichiarato che l’obiettivo del ricorso non era «sottrarre il Festival alla Rai», ma valorizzare il marchio attraverso un progetto indipendente, in grado di esplorare nuovi formati e idee. L’intento è chiaro: associare il nome "Festival di Sanremo" a un format diverso, capace di innovare senza tradire lo spirito storico dell’evento.
Nel frattempo, la Commissione di Vigilanza Rai ha espresso forte preoccupazione per le ripercussioni che questa decisione potrebbe avere sull’azienda e sull’evento. I componenti democratici della commissione hanno definito la sentenza «un colpo durissimo», non solo per l’equilibrio economico della Rai, ma anche per il valore culturale e simbolico del Festival. Secondo loro, il Festival di Sanremo rappresenta un pilastro del servizio pubblico e perdere il controllo esclusivo sull’evento potrebbe avere conseguenze devastanti.
Ma cosa succederà dal 2026? La gara pubblica obbligatoria apre scenari che fino a pochi anni fa sembravano impensabili. Chi sarà in grado di competere con la Rai per l’organizzazione di un evento così complesso e mediaticamente rilevante? E soprattutto, il pubblico italiano accetterà un Festival diverso da quello che conosce e ama?
L’unica certezza, al momento, è che il Festival del 2025, con Carlo Conti al timone, andrà avanti come previsto. Ma oltre quell’edizione, il futuro appare incerto. Il Festival di Sanremo, da decenni sinonimo di musica italiana, tradizione e spettacolo, potrebbe presto trovarsi al centro di una rivoluzione senza precedenti. Per il momento, l’Ariston si prepara ad accogliere una nuova edizione scintillante. Ma all’orizzonte si intravedono nuvole cariche di cambiamento.