Faide interne, inciuci, personaggi in cerca d’autore e bizzarre figure pubbliche: Sigfrido Ranucci annuncia scoop su scoop, ma il Dicastero di via del Collegio Romano sembra ormai un film di Alvaro Vitali. Correnti, famiglie, associazioni medievali e intrighi d’élite fanno da cornice a un gossip che è tutto tranne che elegante
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Ormai il Ministero di via del Collegio Romano sembra finito in una tempesta senza fine: segreti, faide interne, dimissioni, pettegolezzi e battute da commedia anni ’70 trasformano la vicenda in un vero campo di battaglia. E non si tratta certo di quella politica pulita e d’élite che ci si aspetterebbe nel mondo della cultura. Domani sera Report promette il colpo del KO nel cosiddetto “caso Giuli” e sono in molti – Maria Rosaria Boccia compresa – ad aver preparato i popcorn. Sigfrido Ranucci annuncia scoop, ma ormai la domanda sorge spontanea: tra tutto quello che è trapelato questa settimana, rimarrà davvero qualcosa che possa ancora svelare per farci sussultare?
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È un po’ come una partita di battaglia navale: i colpi si susseguono con il ritmo di un gioco d’azzardo. “B13, acqua. C7, colpito. C8, affondato”. Tra scandali a fior di pelle e faide di corrente, il MiC si è trasformato in una vera arena. A questo punto, somiglia più a un gran circo, popolato da bizzarri personaggi, clown, nani e ballerine che si alternano tra un gossip e un’invettiva. Le possibili malefatte di Francesco Spano a favore del compagno Marco Carnabuci – circostanze che l’ex capo di gabinetto ha peraltro prontamente smentito definendosi vittima di una campagna omofoba – sono ormai, come si dice in gergo giornalistico, notizie di ieri. E i colpi di scena, veri o presunti, si susseguono d’ora in ora.
Insomma, è solo l’inizio: le lotte intestine di FdI sembrano ormai un tema all’ordine del giorno, anche se dal partito di Giorgia Meloni arrivano messaggi di fratellanza e comune sentire come nemmeno in una comune hippie. E, approfittando della situazione, si fa avanti anche l’associazione Pro Vita e Famiglia, che finalmente trova uno spazio dove far capolino per propagandare le posizioni che avrebbero fatto rabbrividire persino la Santa Inquisizione nel Medioevo. A sentirli parlare onnipresenti in ogni trasmissione come il classico prezzemolo, sembra quasi che l’Italia, con le sue istituzioni, sia un loro feudo personale, tanto che si spingono a pubblicare un comunicato in cui si rivolgono al ministro Giuli in tono intimativo: «Il ministro Giuli si scusi, non tollereremo altri cedimenti…» Roba da Attila, re degli Unni.
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Come se non bastasse, si aggiunge ora anche un nuovo “aspirante Boccia”, il critico d’arte Alberto Dambruoso che oggi ha fatto il giro di tutte le televisioni, le radio, giornali e giornaletti per raccontare come il suo incarico di consulente al Ministero sia stato revocato senza un perché. In una clip di Report, Dambruoso dichiara di essere stato messo da parte in circostanze poco chiare, precisando che anche lui ha «subito lo stesso destino della signorina Boccia» e ironizzando sui sospetti avanzati con un «No, io niente relazioni col ministro, a scanso di equivoci». In questo guazzabuglio degno di Fabrizio Corona, almeno questo ce lo siamo risparmiato.
Sembra di assistere a una commedia d’altri tempi, con battute che ricordano un dialogo trail Pierino di Alvaro Vitali o l’Oronzo Canà di Lino Banfi, ma in un contesto istituzionale. In questa atmosfera si distinguono gruppetti politici che si dichiarano pronti a sguainare la penna in difesa del ministro Alessandro Giuli e a puntare il dito contro i giornali “nemici”. Il Foglio contro Dagospia, il Giornale contro Report, Il Fatto Quotidiano contro tutti: analisti, editorialisti e commentatori si dividono tra allusioni e sospetti, in una gara a chi aggiunge più particolari piccanti per accendere ulteriormente la miccia.
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In questo clima d’assedio, le faide interne a Fratelli d’Italia sono ormai il pane quotidiano. Giuli, fresco di incarico e già oberato da rivalità intestine, ha preso in una settimana più coltellate alle spalle che Giulio Cesare alle Idi di marzo: tra i suoi compagni di partito, non tutti sembrano apprezzarlo, e il sospetto è che la sua “caduta” potrebbe essere orchestrata da chi meno ci si aspetta. Si aggiungono poi schieramenti culturali trasversali alla galassia della destra, talmente variegati da richiedere una mappa. Ci sono i “tradizionalisti” e i “neopagani di matrice dannunziana”, i nostalgici fascisti e i terzomondisti, ognuno pronto a difendere il proprio spicchio di ideologia come fosse una reliquia. In questo contesto esplosivo, persino il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli è intervenuto, invitando tutti a non usare il tema dell’omofobia come alibi per giustificare le spaccature interne.
Tra una frecciata e l’altra, persino Vittorio Feltri sembra una sorta di chierichetto e si unisce al coro degli indignati, sbottando (come solo lui sa fare) che questa «convergenza del ca**o» tra i vari giornali sembra voler trasformare tutto in un campo di insinuazioni più simile a un gioco di potere che a una critica seria. «Vogliono dire che anche il ministro Giuli è gay? Beh, e allora? Anche fosse, sarebbero ca**i suoi», commenta ridacchiando per il doppio senso.
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Insomma, la suspense per lo scoop di Report è accompagnata da un velo di satira: il ministero della Cultura, che dovrebbe essere il luogo del pensiero e della creatività, si è trasformato in una sorta di teatro dove ogni personaggio cerca disperatamente la luce dei riflettori. E gli spettatori, ormai ben consapevoli del gioco, attendono solo il prossimo colpo di scena. E se, come si teme, il servizio di domani non avrà grandi novità, di certo non mancheranno le battute da film di serie B per commentarlo.