Per il momento non figurano indagati nell'inchiesta aperta a seguito della drammatica vicenda che ha visto tre ragazzi essere investiti dalla piena del fiume in Friuli. Riprese le ricerche per trovare il corpo di Cristian
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È la richiesta, quasi una implorazione, che Patrizia Cormos ha fatto, in tono concitato, nelle telefonate al 112 con i soccorritori, mentre il livello dell'acqua del fiume Natisone continuava a salire e lei, Bianca e Cristian si erano resi conto che la situazione stava diventando ingestibile e molto pericolosa. Una volta fornite le generalità la ragazza ha poi chiesto agli operatori: «Chiamate mia mamma». Sono quattro le telefonate che la ragazza ha fatto per chiamare i soccorsi, la prima alle 13.29 e le altre 3 - una delle quali a vuoto - nell'arco di circa mezzora, ha spiegato il Procuratore capo di Udine, Massimo Lia.
Il magistrato ha anche reso noto che il fascicolo è stato aperto con un titolo di reato preciso: omicidio colposo. Per il momento non figurano però indagati: Lia ha infatti tenuto a precisare che l'inchiesta è contro ignoti, specificando che «in queste vicende, per procedere bisogna configurare responsabilità di tipo omissivo, non commissivo». Saranno condotti, ha assicurato ancora il procuratore, «tutti gli accertamenti del caso» per «accertare se i soccorsi sono stati tempestivi»; tutto «verrà verificato, acquisito e vagliato. Sia il discorso dell'elicottero utilizzato per i soccorsi, sia la cartellonistica che avvisa del divieto di balneazione e del pericolo di annegamento, sia soprattutto le tempistiche dal primo allarme all'arrivo dei soccorritori».
Tuttavia, «allo stato attuale, non ci sono elementi specifici che ci fanno andare in questa direzione». E comunque, ha concluso, «esiste, in natura, anche la tragica fatalità». In questo scenario si dovrà considerare anche se Patrizia sia stata precisa sufficientemente nell' indicare il luogo dove si trovasse con i due amici. Oggi proprio sua madre, intrattenendosi con i giornalisti ha riferito che alle 11:58 Patrizia l'aveva chiamata chiedendole il permesso per «andare al lago, a scattare qualche foto».
Lì, al fiume, nessuno dei tre era mai stato prima. Analogamente, se a intervenire per primo fosse stato l'elicottero di Campoformido invece che il Drago di stanza a Venezia, più distante, forse le probabilità di salvare i ragazzi sarebbero state maggiori. Ma sono tutte considerazioni del giorno dopo. Le certezze le individueranno investigatori e inquirenti a cominciare dall'analisi dei tabulati.
Delle quattro chiamate al 112, la seconda è andata a vuoto e bisognerà capire se Patrizia non riuscì ad agganciare la linea per un problema al ponte delle comunicazioni, se questa si è interrotta prima della risposta o se è stata lei stessa ad interromperla.
Nel corso della terza e quarta telefonata, invece, la ragazza ha parlato a lungo con gli operatori, Con «ragionevole certezza», dopo le analisi mediche effettuate, si può invece affermare che le ragazze sono morte per asfissia da annegamento e traumatismi vari. Oggi i loro corpi sono stati vestiti da sposa come vuole la religione ortodossa, e sistemati nella camera ardente a Udine.
Tanti cittadini comuni, oltre alle autorità, hanno portato l'ultimo saluto. La madre di Patrizia si è intrattenuta con i giornalisti proprio davanti alla camera ardente: la ragazza «sapeva nuotare, l'ho portata dove le hanno insegnato a nuotare», ma lì sul Natisone «ha aspettato Bianca, la sua amica, che non sapeva nuotare».
Il ricordo è straziante: «Mi scriveva ogni giorno su whatsapp “mamma ti amo”». Madre e figlia erano state insieme la notte prima della tragedia a parlare fino alle 2 di notte, «poi è andata a studiare, fino alle 4, alle 6,30 si è alzata, ha fatto una doccia ed è uscita» per andare a sostenere l'esame. Alle 12 l'ultimo contatto, la telefonata di Patrizia dopo l'esame. «Forse si poteva fare di più, forse era il destino, ringrazio Dio che l'hanno trovata così posso piangere sulla sua bara, questo ci dà la forza di sopravvivere».
A cinque giorni dalla tragedia sono riprese anche le ricerche per trovare il corpo della terza vittima, Cristian Casian Molnar, di 25 anni. Dopo tanto tempo, le speranze di trovarlo ancora in vita sono davvero minime. «Siamo molto credenti - ha detto il fratello di Cristian giunto dall'Austria dove abita - e speriamo ancora nel miracolo». Il giovane, che segue senza sosta la vicenda ed è ospite del locale Comitato della Croce rossa, è in costante contatto coi genitori, in Romania.