L’esito delle presidenziali negli Stati Uniti può cambiare gli equilibri geopolitici: il mondo osserva e attende il risultato della sfida tra Donald Trump e Kamala Harris. Il futuro del mondo dipende da un seggio in Pennsylvania – il più importante tra gli Stati in bilico – o, forse, in Georgia. Teatri di crisi (e non solo) con gli occhi rivolti al grande contro tra il tycoon e la vice di Biden.

La Cina, innanzitutto. Da settimane il presidente uscente degli Usa cerca di tranquillizzarne il leader Xi Jinping. Una successione con Kamala Harris avverrà senza traumi e ai cinesi va bene: anche loro vogliono stabilità, com’è da tradizione. Se, invece, vincerà Trump, ci sarà maggiore turbolenza. Il leader repubblicano punterà su un forte aumento dei dazi sull’import dal gigante asiatico e il rischio è un peggioramento repentino delle relazioni tra Cina e Stati Uniti.

Chi teme guai, soprattutto in caso di vittoria di Trump, è il presidente ucraino Zelensky. The Donald cavalca i dubbi dell’opinione pubblica americana: troppe spese – 61 miliardi di dollari – per sostenere il conflitto. Sul futuro degli aiuti all’Ucraina pesa anche il rapporto tra il candidato repubblicano e Putin: «Sono un suo grande amico e questa è una cosa buona», ha detto di recente Trump durante un comizio in North Carolina. Trump ha detto, in più circostanze, di poter risolvere il conflitto mettendo i contendenti attorno a un tavolo: troppo ottimista, probabilmente.

Le premesse portano a una valutazione scontata: Kiev (e un’ampia fetta dell’Unione europea) preferirebbero il successo dei democratici.

La guerra in Medio Oriente può essere, invece, un problema per Kamala Harris in uno degli Stati in bilico. L’elettorato statunitense non bada troppo agli scenari internazionali, ma la comunità arabo-americana del Michigan è in rotta di collisione con i democratici visto quello che successo a Gaza. In Pennsylvania, altro swing State, l’appoggio di Biden a Israele potrebbe invece favorire la vicepresidente. Trump, da parte sua, ha usato poche ma significative parole per indirizzare le tensioni mediorientali: «Netanyahu mi ha chiesto cosa fare con l’Iran. Gli ho detto “Fai quello che devi”». Più slogan che strategia: del futuro del mondo si tornerà a discutere a urne chiuse. Ma la preoccupazione è più forte della speranza.